Recensione di Barbecue, Eric Lavaine mette in scena una tipica commedia francese, dove ironia e cinismo si amalgamano alla perfezione e diventano ingredienti fondamentali di situazioni divertenti ma spesso riconoscibili e familiari
"I quarant'anni sono la vecchiaia della giovinezza, ma i cinquant'anni sono la giovinezza della vecchiaia" scriveva Victor Hugo, ed Antoine, interpretato da Lambert Wilson, già indimenticabile Alceste del Moliere in Bicicletta di Philippe Le Guay, sembra averlo finalmente capito. Complice un infarto che mette in discussione ogni consuetudine della sua esistenza, Antoine diventa improvvisamente disattento e rinuncia allo stile di vita salutista cambiando anche atteggiamento nei confronti di quel gruppo di amici che da anni frequenta, bombardandoli, venute meno le sovrastrutture per il quieto vivere, di giudizi veri e dolorosi.
Eric Lavaine mette in scena con Barbecue una tipica commedia francese, dove ironia e cinismo si amalgamano alla perfezione e diventano ingredienti fondamentali di situazioni divertenti, ma mai sopra le righe e per questo riconoscibili e familiari allo spettatore.
Ambientato a Marsiglia e basato su una storia vera, Barbecue sembra quasi essere la versione meno intellettuale e più ottimista de Il Grande Freddo. Palesemente ispirato al successo d'Oltralpe Piccole Bugie tra Amici di Guillaume Canet, Barbecue tuttavia si concentra più sull'età adulta e sulle problematiche derivanti dall’incapacità di affrontare a cuor leggero il peso del passato e l’incertezza del futuro mentre si è nel limbo del mezzo secolo di età tanto che il protagonista, con l’autoironia propria del suo interprete Lambert Wilson, definisce il suo infarto “la cosa migliore che mi sia capitata” quasi come se fosse il giusto spartiacque per ripartire nonostante il peso del proprio vissuto.
La trama leggera di Barbecue è solo una scusante per soffermarsi sul verboso interrogarsi riguardo al tempo che avanza, l’uomo, la donna e le personali crisi di una borghesia viziata e incapace di mettere in luce i propri fallimenti, tanto che l’unico personaggio degno di positiva nota è un meccanico la cui saggezza fa ombra sugli omertosi atteggiamenti del resto del clan; il tutto racchiuso in una commedia corale che si avvale di attori d’eccellenza e che rende lo spettatore voyeur delle vite degli altri. Vite per le quali è impossibile non provare empatia.
Voto della redazione:
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