Recensione di Third Person di Paul Haggis. Stucchevoli e ammorbanti amori impossibili tra Roma, Parigi e New York.
Roma, la città eterna del cinema, patria dell’omonimo affresco felliniano, del leggendario Vacanze romane e, più recentemente, del decadentismo sorrentiniano, sembra non godere negli ultimi tempi di grande fortuna quando viene ritratta dai cineasti di Hollywood.
Come incapaci di vedere “la grande bellezza” che la permea, si limitano a raccontarne superficialmente la natura chiassosa e colorita, trasformandola spesso in una grottesca, patetica caricatura che sfiora da vicino il ridicolo. È il destino della brutta commedia Mangia, prega, ama che proprio nella parentesi romana raggiunge impensabili vette trash, ma anche dell’indifendibile To Rome With Love, scivolone senile del maestro Woody Allen.
Come poteva un volpone della retorica del calibro di Paul Haggis sottrarsi alla tendenza che vuole la nostra capitale cloaca massima di vizi e ignoranza? Così questo Third Person, polpettone di rara bruttezza, se nelle sequenze ambientate a Parigi e New York si limita a sviolinare le note più stucchevoli della retorica da fiction Rai cui già il cineasta si è ampiamente dimostrato avvezzo, dà il peggio di sé nelle scene romane e italiane, culminando in una farsa involontaria ammorbante e insostenibile. Tre storie d’amore si intrecciano: a Parigi lo scrittore Michael (Liam Neeson) vive una travagliata liaison con la giovane e tormentata Anna (Olivia Wilde), nella Grande Mela l’ex attrice Julia (Mila Kunis) prova a ricercare un contatto con il figlioletto, sottrattole per accuse non confermate di violenza, ma trova l’opposizione del ricco e affermato padre (James Franco). A Roma, invece, l’americano Scott (Adrien Brody), trafficante nel mondo della moda, si innamora della zingara Monika (Moran Atias), che cerca disperatamente di riscattare la figlioletta dal racket.
La banalità ricattatoria dei sentimenti si intreccia a un irritante tentativo di utilizzare un’astratta simbologia che culmina in un finale dalle ambizioni risibili: ad arrivarci, perché prima ci sono due ore e mezza di cliché davvero difficili da digerire. Tra la pomposa colonna sonora (che si avvale, è bello ricordarlo, dei preziosi contributi di Gigi D’Alessio e Anna Tatangelo) e le pretese autoriali di un Haggis inutilmente pieno di sé, a spiccare negativamente sono le vergognose performance attoriali. Liam Neeson è talmente imbolsito da sembrare immobile e pesante persino nella sequenza che lo vorrebbe scatenarsi in un ballo sensuale, la Wilde urticante e piagnucolosa, la Kunis isterica e petulante, mentre Franco rimane sullo sfondo, svogliato. Ma anche per gli attori, è la traccia italiana a regalare le soddisfazioni più sugose, con un depresso Brody che si sollazza tra le comparsate illustri dei nostri migliori “cavalli di razza”: da Scamarcio barista tamarro a Vinicio Marchioni ladro di bambini albanese. La Atias, che tutto sommato è la meno peggio in campo, ha insistito fortemente con Haggis per la realizzazione del progetto e figura anche come coproduttrice: forse per questo il suo segmento appare anche come quello più curato, nonostante la discutibile rappresentazione dell’Italia da cartolina del post-Dopoguerra. In questo senso, speriamo faccia meglio il prossimo 007, parzialmente ambientato nella nostra capitale.
[Leggi anche: Bond arriva nella capitale, ma Roma deve ripulire i set di "Spectre"]
Molte le partecipazioni, da Kim Basinger a Maria Bello, passando per l’“indimenticabile” apparizione di Fabrizio Biggio nei panni di un portiere d’albergo, forse per cercare di riempire un vuoto pneumatico che gira intorno al già detto e che, nonostante questo, non ha niente da dire. Il livello di saccarina, mascherata da dramma di spessore, è tale che si consiglia di lavarsi accuratamente i denti dopo la visione per evitare la formazione di carie.
Voto della redazione:
Altri articoli che possono interessarti
Per condividere o scaricare questo video: TV Animalista
Facebook Comments Box