Gebo e l’ombra è l’ultimo lavoro di Manoel De Oliveira, il più anziano regista in attività al mondo, che a 106 anni confeziona un racconto morale incentrato su riflessioni esistenziali e caratterizzato da un’estetica elegante e minimalista
Gebo e l’ombra è l’ultimo lavoro di Manoel De Oliveira, il più anziano regista in attività al mondo, che a 106 anni confeziona un racconto morale incentrato su delle banali riflessioni esistenziali e caratterizzato da un’estetica elegante e minimalista ma anche fine a se stessa. La pellicola è la trasposizione cinematografica della pièce teatrale O Gebo e a Sombra del connazionale Raul Brandao, che all’inizio del secolo scorso denunciava l’arricchimento di pochi finanzieri e speculatori a discapito della popolazione impoverita. Tutto accade nella casa di Gebo, un anziano contabile (Michael Lonsdale) che vive insieme a sua moglie Dorotea (Claudia Cardinale) e la nuora (Leonor Silveira) trascorrendo il tempo tra recriminazioni e rimpianti, chiedendosi dove si sia cacciato il figlio e marito ribelle João (Ricardo Trêpa), sparito da otto anni senza lasciare traccia. Quando il figliol prodigo ritornerà, costringerà il padre a sacrificarsi per salvaguardare la sua dignità e il precario equilibrio emotivo della moglie.
Gebo e l’ombra è un cosiddetto “dramma da camera”, che vorrebbe offrire dei seri spunti di riflessione sul disagio del nostro tempo e sulle conseguenze che la mancanza di denaro può avere sull’integrità dell’animo umano. I temi sono universali ma il linguaggio è vecchio e la trasposizione cinematografica non assume mai un’autonomia sufficiente per non considerare questo film un insieme di monologhi teatrali e nulla più. Il cast di primo livello, che può vantare la presenza di Claudia Cardinale, l'attrice italiana preferita dal regista e della meravigliosa Jeanne Moreau, è dunque ingabbiato all'interno di interminabili piani-sequenza, impegnato in ripetitivi e insostenibili monologhi. Un racconto quello di Gebo e l’ombra che richiama da vicino i temi biblici ed in particolar modo della letteratura verista di fine Ottocento: la famiglia e i rapporti generazionali, la miseria e lo spirito di sopravvivenza, l’onesta e la ribellione, l’immobilità e la rassegnazione.
Il regista lusitano conferma le sua eleganza figurativa con una messa in scena di chiara derivazione pittorica, particolarmente visibile nella sequenza di apertura, guidata dalle luci di lampade a olio. Manoel De Oliveira non sorprende più, e ormai ultracentenario continua a sfornare film anno dopo anno analizzando la nostra epoca in maniera quasi asettica e del tutto priva di emozione. Nonostante gli encomi dispensati dai critici più accreditati, la dialettica di Gebo e l’ombra è talmente stantia che parlare di lezione di cinema sembrerebbe eccessivo, considerati i limiti dell’impostazione prettamente teatrale del film. Parlare di una lezione di vita addirittura ridicolo. Gebo e l’ombra, presentato in anteprima due anni fa alla Mostra del Cinema di Venezia, è uscito nelle nostre sale il 26 giugno, distribuito da Mediaplex Italia in una manciata di sale.
Voto della redazione:
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