Recensione di Thermae Romae di Hideki Takeuchi. Un film che lascia una sensazione di sprecata potenzialità e di incapacità a ottenere risultati convincenti dalle ingenti risorse a disposizione
Caratteri romani e grafica da peplum: si apre così Thermae Romae di Hideki Takeuchi, richiamando uno dei generi più occidentali per eccellenza, il cui fascino ha coinvolto il cinema dalle prime produzioni italiane degli anni '10 fino ai più fastosi kolossal hollywoodiani odierni. Ecco dunque la meravigliosa Roma ai tempi di Adriano, tra festeggiamenti di corte e soprattutto, bagni termali. Niente di anomalo in tutto questo, se non che Thermae Romae è stato prodotto dal Giappone, la cui cinematografia in costume ci ha abituati a samurai e ninja, ma non certamente a gladiatori e uomini in toga. Di più: Takeuchi dà ai suoi protagonisti la possibilità di viaggiare nel tempo, passando dall'antica Roma alla Tokyo di oggi e viceversa, creando un inedito mash-up che mescola non solo due culture così lontane come quella giapponese ed occidentale, ma anche il passato e il presente. È su questa idea semplice ma fresca che si costruisce tutta l'impalcatura della pellicola, un'autentica operazione pop transcontinentale ora nelle nostre sale con un ritardo di 2 anni. Protagonista è un ingegnere dell'antica Roma che, tramite i viaggi nel tempo, ruba le più sofisticate tecnologie della modernissima Tokyo per progettare terme destinate al glorioso impero. Così, usa dell'intestino d'elefante per costruire docce, sfrutta gli schiavi per riprodurre l'effetto idromassaggio, e monta vasche da bagno nei giardini degli anziani. La comicità nasce dallo stupore del protagonista ogni volta che viene catapultato nel presente, che è poi il medesimo mood di pellicole come Kate & Leopold (James Mangold, 2001) o I Visitatori (Jean-Marie Poirè, 1993), altri film con la tematica del salto temporale.
In mano ad un regista impazzito (e credeteci, il Giappone ne è pieno), Thermae Romae poteva diventare un esplosivo e coloratissimo delirio. Purtroppo per noi però, a dirigere l'operazione è un cineasta come Takeuchi, la cui carriera si è prevalentemente formata negli studi televisivi, e quando diciamo studi televisivi non intendiamo le creative factory della HBO o di FX. Sarà anche per questo che il suo tocco è di un blando vicino all'anestesia, la cui messa in scena pare costantemente rifiutare ogni possibile dinamismo: mai un marcato movimento di macchina, un'iniezione di frenesia nel montaggio o un'inquadratura che non sia quella scolastica dei manuali per dilettanti, in cui a rincorrersi sono i piani fissi e i dialoghi. Che dire poi della fastidiosissima esagerazione nell'uso della voce fuori campo, la quale funge quasi da sottotitolo per le scene comiche. Veniamo bombardati senza interruzione dai pensieri del protagonista, e mai per un momento viene lasciata alle immagini la possibilità di esprimersi da sole, come se Takeuchi avesse paura che le sue gag non possano funzionare senza una correlata spiegazione verbale. Un peccato, anche perchè non capita tutti i giorni, per una produzione giapponese, di poter usufruire delle sontuose scenografie di Cinecittà, qui ridotte a mero sfondo e mai teatro di azione; non che richiedessimo un remake comico de Il Gladiatore, ma ormai che sei a Cinecittà, almeno una spada e un paio di cazzotti puoi sfoderarle.
A rimanere, in Thermae Romae, è una sensazione di sprecata potenzialità, esattamente come gran parte degli adattamenti giapponesi dai manga. In questo caso, l'opera originale è di Mari Yamazaki, acclamatissima in patria ed edita anche in Italia da Star Comics. Dal fumetto è già stato tratto un cartone animato, e l'arrivo di questa pellicola ha creato grandi ovazioni nelle sale nipponiche, tanto che è uscito addirittura un sequel. Assoluti misteri della fede: sarà la presenza di un Hiroshi Abe perennemente nudo per la gioia delle sue tante fan, o sarà il nostro umorismo portato via dal caldo estivo. Permane l'immensa stima per la Tucker Film, tra i pochissimi distributori italiani a portare ancora nelle nostre sale dei film asiatici; eppure, proprio per questo, la selezione dovrebbe forse richiedere maggior attenzione: con tutte le meraviglie che escono nel Sol Levante, ritrovarci un film come Thermae Romae è alquanto deprimente e scoraggiante.
Voto della redazione:
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