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Autore Camilla Maccaferri :: 27 Maggio 2015
Locandina di Il libro della vita

Recensione di Il libro della vita - The Book of Life di Jorge Gutierrez. Visivamente sorprendente, un romantico racconto di morte che celebra la vita

È difficile che il mercato dei film di animazione, spesso diviso in un rigido bipolarismo tra Disney-Pixar e Dreamworks, veda affacciarsi prodotti di qualità esterni alle due dominanti e quando questo accade non si può che esserne felici: era successo con il bel Paranorman della LAIKA (che prima ancora ci aveva regalato quel piccolo gioiello che è Coraline e la porta magica) e succede in questi giorni con l’interessante e fresco Il libro della vita - The Book of Life. Non si tratta certo di un capolavoro, ma di una produzione originale e visivamente affascinante, che pesca a piene mani dall’iconografia e dalla tradizione messicane.

Prodotto tra gli altri da Guillermo Del Toro e diretto dall’animatore Jorge Gutierrez per la casa Reel FX, Il libro della vita si basa su un canovaccio risaputo (una sorta di Giulietta e Romeo in salsa chili che incontra La sposa cadavere di Tim Burton) arricchendolo però con la vivacità di musiche, colori e forme del folklore messicano e recuperando una leggenda legata al Dìa de Muertos, una festività molto sentita nel Paese.  

La Muerte, bellissima regina della variopinta e allegra terra dei defunti ricordati sulla Terra, sfida il nemico-innamorato Xibalba, a capo della tristissima landa dei morti dimenticati: si scambieranno di posto se la piccola Maria, una ragazzina contesa tra due coetanei, sposerà il coraggioso Joaquim. Se invece deciderà di mettersi con il sensibile musicista Manolo, Xibalba dovrà rimanere confinato nel suo grigio reame. La lotta tra i due pretendenti porterà però Manolo a una prematura e shakespeariana scomparsa: il giovane, con l’aiuto di madre e nonno da tempo defunti, dovrà riuscire a tornare tra i vivi e riprendersi l’amata Maria.

Un caleidoscopio di forme e colori, particolarmente efficace quando l’azione è ambientata nell’aldilà, con l’estetica ispirata alle “calaveras” che negli ultimi tempi godono di grande fortuna anche tra gli estimatori dei tatuaggi: l’originalità visiva è indubbiamente il pregio migliore del film, davvero sorprendente e inedito da questo punto di vista.

Purtroppo Il Libro della vita osa poco nel coinvolgere il pubblico più adulto e resta concentrato sull’impianto favolistico, senza però per questo essere privo di spunti, anzi, buttando moltissima carne al fuoco: oltre ai temi, più scontati, dell’amicizia e dell’amore eterno, è, infatti, presente una bella riflessione sull’importanza di trovare la propria vera identità per essere felici (Manolo, aspirante musicista, è spinto dal padre a fare il torero per seguire la tradizione di famiglia ma non ha cuore di uccidere i tori). Più interessante ancora, però, è l’analisi sull’eredità spirituale, il messaggio sulla necessità di ricordare i propri affetti scomparsi per mantenere un legame con le proprie radici, un tema forse difficile da afferrare per i più piccoli, ma di grande profondità.

Apprezzabili anche le musiche, che rivisitano in stile messicano alcuni pezzi immortali come Creep dei Radiohead e Da ya Think I’m Sexy? di Rod Stewart, accompagnando l’azione con la giusta dose di effervescenza.

Nella versione originale, un cast di voci impressionante: Diego Luna (il sensibile Manolo), Channing Tatum (il roccioso Joaquim), Zoe Saldana (la splendida Maria), Ice Cube (l’esilarante demiurgo), Ron Perlman (il macabro Xibalba) e Danny Trejo (il nonno di Manolo).

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Forse un po’ troppo reminescente della Sposa Cadavere di Tim Burton per quanto riguarda la rappresentazione scanzonata e musicale dell’Aldilà (che comunque è parte di molte tradizioni), resta una visione scoppiettante, di vibrante vivacità, una fiesta mexicana per gli occhi in sospensione fragile tra vita e morte. 

Trailer di The Book of Life

Voto della redazione: 

3

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