Recensione di Poltergeist di Gil Kenan con Sam Rockwell e Rosemarie DeWitt: Un remake che priva di senso qualsiasi discorso sulla propria utilità, un déjà vu nel déjà vu
Ha ancora senso, oggi, parlare dell’utilità di un remake come questo di Poltergeist, che aveva un valore etimologico e fondativo nel genere e il cui rifacimento ha valore, invece, nullo? Ha ancora senso cercare motivazioni che non siano pigramente commerciali di fronte a un prodotto che non reimmagina nulla e nel quale ciò che c’è di buono (poco) è precipitato copincolla dell’originale, le cui sequenze migliori (poche) rimandano semmai al mondo di Insidious – in pratica, un déjà vu nel déjà vu –?
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I brevi flash perturbanti (e inficiati dalla troppa CGI) all’interno dell’Aldilà, gli inside joke legati ai programmi spazzatura e ai videogiochi con mostri (con cui si apre il film), gli ipersaturati contrasti cromatici; è tutto un setaccio ormai più e più volte rielaborato. Come pure la 'narrazione': le dinamiche familiari all’arrivo nella casa, le strane amicizie invisibili della più piccola, le piccole frizioni fra coniugi, lo scetticismo iniziale e l’irrompere degli acchiappafantasmi, persino la ‘solita’ presenza di attori in recupero prestatisi a produzioni sommarie per sbarcare il lunario (Sam Rockwell e Rosemarie DeWitt; si salva un autoironico Jared Harris).
Insomma, questo di Gil Kenan – che pure aveva diretto un film d’animazione su una casa infestata sentitamente orrorifico (Monster House) e un fantasy orgogliosamente artigianale e ingegnoso (Ember - Il mistero della città di luce) – purtroppo non solo è remake stitico e sterile di Poltergeist, ma pare anche remake meccanico e senza invenzioni di sorta della maggior parte delle ghost story che abbiamo visto sullo schermo dagli anni ’80 a questa parte.
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E si classifica così come mero prodotto in serie incapace persino di essere brutto tanto gli ingranaggi che lo muovono sono introiettati nelle nostre aspettative di visione, nelle nostre proiezioni sulle figure in movimento, e allora è davvero inutile cercare di elaborare un discorso compiuto su una copia carbone priva di un suo peso specifico, dalle tante volte che la sua celluloide è stata indossata, attraversata, sperimentata, sforbiciata, riassestata, consumata da altri prima di esso.
Voto della redazione:
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