La tragica storia sul femminicidio di Stefania Noce nel film-documentario "Stefania Noce Quello che è stato" di Bibi Bozzato. Sarà proiettato, in prima visione, venerdì 18 Luglio 2014 alle ore 18:00 nell'ex Monastero dei Benedettini di Catania
Venerdì 18 Luglio 2014 alle ore 18:00 presso l'Aula “Stefania Erminia Noce” (ex “A2”) dell'ex Monastero dei Benedettini di Catania, sarà proiettato, in prima visione e in prima versione, il film-documentario Stefania Noce Quello che è stato di Bibi Bozzato, preceduto da alcune brevi prefazioni e ad ingresso gratuito. Il film è stato girato a Marzo 2014 tra Licodia Eubea, Vizzini, Caltagirone e Catania, montato a Venezia nel maggio 2014 e prodotto e distribuito dalla FILMIKA SCRL di Torino.
Il racconto dell'agghiacciante vicenda di Stefania Noce, assassinata a coltellate per mano del suo ex fidanzato Loris Gagliano il 27 Dicembre 2011 a Licodia Eubea (Catania), sarà il tema del documentario analizzato da un punto di vista diverso, quello culturale e socio-politico che va oltre la ricostruzione mediatica e processuale. Stefania aveva deciso di troncare la relazione dopo 4 anni, così lui “voleva fargliela pagare”. La furia omicida del venticinquenne non ha risparmiato nemmeno i nonni di Stefania; il nonno Paolo Miano, accorso in difesa della nipote è stato ucciso e la nonna Gaetana, ferita gravemente, è miracolosamente scampata. L'accaduto scosse non solo la cittadina catanese, ma chiunque avesse avuto modo di conoscere Stefania, sia prima che dopo l'efferato omicidio.
Lei aveva solo 24 anni ma pensieri e riflessioni molto più mature. Studentessa di Lettere e Filosofia all'Università di Catania, con una forte e poliedrica personalità, un'intelligenza vivace ma soprattutto femminista attiva, appassionata di letteratura, attualità e politica. Non la si può dimenticare nella foto che la ritrae a capo del corteo del 13 Febbraio 2011 per il movimento Se Non Ora Quando? con il braccio alzato a tenere con fierezza il cartello “Non sono in vendita”. E nemmeno le sue parole che fanno gelare il sangue al pensiero che sia stata proprio lei a scriverle: «Malgrado i risultati ottenuti, ancora nel 2005, una donna violentata “avrà avuto le sue colpe”, “se l’è cercata” oppure non può appellarsi a nessun diritto perché legata da vincolo matrimoniale al suo carnefice. Inoltre, la società fa passare pubblicità sessiste o che incitano allo stupro; pornografie e immagini che banalizzano le violenze alle donne…» rivolgendole a «quelle donne che non hanno ancora smesso di lottare. Per chi crede che c’è ancora altro da cambiare, che le conquiste non siano ancora sufficienti, ma le dedico soprattutto a chi NON ci crede. A quelle che si sono arrese e a quelle convinte di potersi accontentare».
Un passo in più è stato fatto, e di questo Stefania ne sarà senz'altro soddisfatta. Infatti grazie al lavoro della criminologa Margherita Carlini, che ha seguito questo caso, per la prima volta in Italia è stato riconosciuto il reato di femminicidio. La sua lotta in difesa dei diritti delle donne continua a dare frutti. E adesso, dopo numerose iniziative promosse in sua memoria, è la volta del film-documentario a lei dedicato. Nonostante il film sia in prima versione e in fase di ottimizzazione è stata determinante la volontà di proiettarlo proprio a ridosso dell'ultima udienza del processo d'Appello avvenuta il 16 luglio, dalla quale è emerso che “Il ragazzo era lucido al momento dell'omicidio”, secondo i due esperti nominati dall'accusa.
Il fine di questo film è cercare di rendere un quadro completo, più veritiero di tutta questa storia, troppe volte deformata dai media, che non ne rendono pienamente giustizia. C'è bisogno di ricostruire questa storia, di dar voce a Stefania, spesso 'colpevolizzata' perché era la parte più determinata e forte della coppia, perché faceva parte di una famiglia “normale” mentre lui era introverso e figlio di buona famiglia. Come se questa possa, in qualche modo, garantire un'impunità morale. Chiamiamo le cose con il loro nome, senza ulteriori 'scuse'. Lui morbosamente geloso, in modo subdolo, della forte personalità, del modo di essere e dei successi di Stefania; una gelosia malsana che nasce probabilmente da una condizione familiare e culturale da non sottovalutare. Ecco perché il documentario ragiona sul termine femminicidio, il più delle volte tergiversato, inserendolo soprattutto in un contesto sociale e culturale che possa far emergere le reali cause annidate molto più in profondità. Un'analisi sociopolitica che evidenzia come il contesto sociale abbia generato una cultura anch'essa responsabile di quel delitto. Dura e inaspettata versione che lascia spazio a riflessioni e approfondimenti ingombranti e acuti.
Questo film non deve essere solo un ricordo di “Quello che è stato” ma un punto di svolta per poter aggiungere “E non sarà più”. Il ricordo deve far agire in modo concreto, dar luce ad ogni prospettiva lasciata spesso e volutamente in ombra. Per tutte le "Stefania" che hanno lottato e continuano a farlo, con coraggio ed intelligenza. Per non dimenticare. Per cambiare.
Auguro vivamente la visione di questa nuova prospettiva analitica che contestualizza in modo più ampio la storia di Stefania, perché come lo stesso Bibi sottolinea “l'importante è il riconoscimento della storia”.
Per contatti, per chiedere info su proiezioni e sul film scrivete a: bibibozzato@hotmail.com
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