Con Franco Citti se ne va un altro pezzo importante di cinema italiano, quello più direttamente legato al paesaggio umano, all’antropologia di un’Italia ormai scomparsa
Se pensiamo a Franco Citti lo ricordiamo quale personaggio compenetrato nel territorio che rappresenta. Gente, popolo più paesaggio (umano e non) che sono già cifra stilistica. Tanto che se prendiamo le decine di autori, grandissimi, del cinema italiano con cui ha lavorato, ci rendiamo conto che era proprio lui a garantire quella necessaria autenticità alla scena. Quella appartenenza che spesso manca nel cinema contemporaneo, laddove si cercano volti e corpi testimonianze, ma ci sono soltanto bravi attori.
Ecco, si potrebbe dire, che Franco Citti era prima di un attore bravo un corpo messo in scena, testimonianza diretta di un mondo che riusciva a rappresentarsi anche attraverso le opere cinematografiche, e spesso magnificamente grazie agli illustri cineasti dietro la macchina da presa.
Era nato nel 1935, quindi aveva respirato tutti gli stenti del periodo postbellico. Quando arriva nel 1961 in Accattone per fare il personaggio di Vittorio, borgataro sottoproletario, ci rendiamo conto che non è vero che il Neorealismo era terminato prima negli anni cinquanta. Solo questione di sguardi, di strade, di case, di polvere. E il connubio con Pasolini lo dimostra. Accattone sembrava fatto per Franco Citti e viceversa. Uno di quei casi rari nell’esperienza cinematografica, quando il protagonista e il film sono indistinguibili, quando la messa in scena gira intorno a personaggi così potenti. Eppure in quell’occasione fu anche doppiato da Paolo Ferrari: davvero i misteri e i miracoli del cinema!
Con Pasolini poi continuò con altri imprescindibili capolavori: Mamma Roma, Edipo Re, Porcile, Il Decameron, I racconti di Canterbury, Il fiore delle Mille e una notte.
I suoi film, più di cinquanta, raccontano un pezzo di storia del cinema italiano dagli anni sessanta fino ai novanta. Fu diretto da Federico Fellini in Roma, da Valerio Zurlini in Seduto alla sua destra, Elio Petri in Todo modo, Marco Ferreri in Yerma, Bernardo Bertolucci in La luna, Carlo Lizzani in Requiescant per citarne soltanto alcuni.
Diretto dal fratello Sergio, lo vediamo in Ostia, Storie scellerate, Casotto, Il minestrone, la serie tv Sogni e bisogni, e I magi randagi. Con Sergio girò nel 1997 Cartoni animati.
Con registi non italiani ebbe poche relazioni. Va ricordato anzitutto quella con Francis Ford Coppola in occasione de Il padrino e poi Il Padrino parte III.
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