Da Cronenberg a Pasolini, i diversi modi di concepire un genere poliedrico e destabilizzante
Il vocabolario Treccani lo descrive come “[…] tutto ciò che, per essere goffo, paradossale, innaturale, muove il riso pur senza rallegrare”. Parliamo del grottesco, di quello stile che nasce volutamente da uno squilibrio delle forme, dal mescolarsi di drammaticità e parodia che anche al cinema ha regalato momenti memorabili seppur non sempre esteticamente sopraffini. Quando la risata nasconde qualcosa di inquietante, quando i generi si infiltrano gli uni negli altri lasciando lo spettatore disorientato, ecco alcuni film in cui il grottesco la fa da padrone.
Darkness / Light / Darkness (1989)
Basta guardare pochi minuti del film di Jan Švankmajer per capire che la poetica del regista ceco, noto anche per essere un artista surrealista, è tutt’altro che convenzionale. In quest’opera in stop motion assistiamo a diversi oggetti inanimati come bambole o pezzi di carne prendere vita. L’uso della plastilina rende il tutto meno inquietante e dà l’idea di de-sacaralizzazione del corpo; non c’è spazio per l’anima, nel film di Švankmajer, la carne è carne (o plastilina).
Fellini Satyricon (1969)
Il regista di Amarcord ha sempre sottolineato il fatto di essere stato attratto dalla frammentarietà dell’opera di Petronio, caratteristica che si ritrova decisamente anche nel suo film in cui domina un’atmosfera onirica in cui niente sembra essere come sembra (il teatro, il trucco, l’artificio) e tutti sembrano mentire.
Eraserhead (1977)
Il primo film di David Lynch in un mondo bizzarro in cui la realtà è completamente distorta. Come in tutti i film del regista le cose non sono come sembrano: un pollo in tavola comincia a sanguinare e a muoversi, un bambino si rivela essere un alieno, persino i suoni sono surreali. Ambientato in un mondo industriale ed apocallittico, Eraserhead è un film sul caos, sul concetto di colpa e sui desideri inespressi.
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Videodrome (1983)
Parlando di grottesco non si poteva escludere David Cronenberg (regista anche de Il pasto nudo). Maestro gel genere horror, usa il corpo degli attori giocando con gli effetti speciali che oggi fanno sorridere, ma che comunque fanno riflettere. Videodrome è una chiara critica al mondo dei media e al potere che questi hanno sul nostro cervello. Letteralmente risucchiato dal mondo della televisione, il protagonista, non può far altro che arrendersi alla nuova pelle che gli cresce addosso.
Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975)
L’ultimo film di Pier Paolo Pasolini è una cruda rappresentazione della politica, del sesso e del potere ispirato alla celebra opera del marchese de Sade. In un palazzo, durante la Repubblica di Salò, quattro nobili tengono ragazzi e ragazze in cattività molestandoli e turbandoli in continuazione, creando il loro distorto codice etico.
Il titolo in più è
La grande abbuffata (1973)
In realtà tutta la filmografia di Marco Ferreri è una carrellata nell'immaginario grottesco. Difficile scegliere un solo titolo, ma in ogni caso La grande abbuffata è senz'altro il suo film emblematico, non solo di un'intera stagione di un cinema italiano che forse ha perso quel mordente, ma anche una sorta di macabra profezia del presente, con personaggi ormai persi nel perfido sonnambulismo autodistruttivo.
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