“A lu cielu chianau”, dei registi Daniele Greco e Mauro Maugeri ha ottenuto la menzione speciale della giuria del concorso I LOVE G.A.I. (Giovani Autori Italiani)
Mentre la Mostra del Cinema di Venezia è ancora in pieno svolgimento, un importante riconoscimento è stato già assegnato al cortometraggio documentario A lu cielu chianau, dei registi Daniele Greco e Mauro Maugeri, che hanno ottenuto la menzione speciale della giuria del concorso I LOVE G.A.I. (Giovani Autori Italiani), nato da un’iniziativa SIAE a cura di Lightbox e svoltosi presso il Palazzo del Cinema nelle giornate del 1 e 2 settembre.
Protagonisti del documentario sono i bambini che, durante la festa dell’Assunzione di Maria, a Randazzo (CT) vengono issati su un palo alto diciotto metri e fatti sfilare in processione vestiti da angeli e santi: la giuria, formata dal direttore artistico del Karlovy Vary International Film Festival Karel Och, la costumista e scenografa Beatrice Bulgari, e il direttore contenuti e comunicazione di Laeffe Riccardo Chiattelli, ha scelto di premiare il cortometraggio “per la capacità di raccontare con un climax drammatico un rituale popolare ancora vivo”.
Il premio giunge in un momento particolarmente produttivo per il progetto Sicily Folk Doc, realizzato dai due registi siciliani e prodotto da Giulia Iannello per l’associazione culturale Scarti. I documentari brevi che lo compongono sono interamente dedicati al folklore siciliano. La serie vede attualmente in post-produzione due nuovi lavori su alcune tra le feste religiose più spettacolari della Sicilia, capaci di esprimere con forza l’essenza delle comunità che le tengono in vita.
Dall’intreccio tra sacro e profano che a Capizzi (Me) vede l’impeto dei pastori portare a spalla il pesante fercolo di San Giacomo, adornato da grandi forme di formaggio, alla vivace celebrazione della Madonna della Scala, svolta sulle acque di un borgo marinaro in territorio di Acireale (Ct), grazie al coinvolgimento di tutti i pescatori del luogo che per l’occasione rientrano dai lunghi periodi di pesca nel Mediterraneo.
Al centro del racconto di Sicily Folk Doc non c’è solo la spettacolarità delle feste o la loro pericolosità, ma soprattutto le comunità che si preparano per mesi e che durante la celebrazione trovano la piena espressione della propria identità. Nel raccontare la Sicilia più profonda, la serie basa la sua sfida su una questione prettamente linguistica. La linea è quella di seguire i protagonisti nella loro vita quotidiana intrecciata alla preparazione della festa, di entrare nelle loro case scomparendoci dentro, di registrarne i suoni senza soffermarsi sulle parole.
I documentari non hanno dialoghi, ma solo un paesaggio sonoro che sottolinea quanto in questi riti i significati delle parole siano spesso poco importanti rispetto alle profonde vibrazioni del suono prodotte da nenie, preghiere e canti tradizionali. Partendo da una curiosità antropologica, i documentari sperimentano un linguaggio cinematografico narrativo, emotivo ed estetico.
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