Un film credibile e onesto, che fra psicologia e prepotenza racconta la storia di un uomo trascinato dagli eventi e non ha niente a che vedere con il fenomeno Gomorra
Quella di Edoardo De Angelis, il regista di Mozzarella stories, è una Napoli livida, grigia. Tumefatta come l'anima di Demetrio Perez, il protagonista di questa storia, un legale d'ufficio dell'avvocatura napoletana, l'ultimo della trafila che viene automaticamente assegnato quando un detenuto alla sbarra decide di difendersi da solo. Come il genere noir insegna, il protagonista è inerme di fronte ad un destino che sembra segnato, programmato per farlo sprofondare sempre più giù. Sua figlia, Tea, innamoratasi di un giovane camorrista, lo tratta da cane, come il resto del suo universo. L'incontro di Perez con un latitante che si costituisce alla polizia, metterà l'avvocato di fronte ad una scelta: se non recupera alcuni diamanti rubati dalla pancia di un toro, sua figlia sarà in grave pericolo. Davanti alle minacce l'avvocato si trova davanti ad un bivio: seguire la legge e continuare una vita mediocre, o mordere la vita per salvare l'unica persona alla quale veramente tiene e guardare verso un futuro nero ma migliore?
Finalmente si ritrova l'Italia che ritorna a frequentare il cinema di genere, quello per cui il nostro paese era famosa 50 anni fa in tutto il mondo. De Angelis è bravo a costruire un film onesto e credibile, visto che proprio quando d'Italia cinematografica si parla è la credibilità a venir meno, con ritmo, anche se non frenetico, e un pizzico di tensione. Qualche pistola, un assaggio di malavita e molta psicologia: il nucleo centrale di Perez. si snoda fra le parole intime della voce fuori campo del protagonista e gli eventi visti dal suo punto di vista. Una sceneggiatura originale precisa scritta dal regista napoletano insieme a Filippo Gravino (fra gli sceneggiatori di Gomorra – La serie), affiancata ad una regia pulita e classica, che accompagna il protagonista fra gli altissimi grattacieli di una specie di isola infelice, che è quella del Centro Direzionale di Napoli, che vive di giorno e muore di notte. Un luogo avulso dalla città, che non si vede a parte il Vesuvio prima di specchiarsi nei palazzoni che dall'alto schiacciano il protagonista e lo rendono schiavo della sua vita, che ben rappresenta l'essenza del protagonista.
Per chi si aspetta di vedere un ennesimo film sulla scia del fenomeno Gomorra (libro, film o serie tv che sia) si ritroverà deluso. La malavita è un elemento importante ma non il principale, come anche l'azione relegata al finale. Perez. mette in scena la storia di un uomo bloccato in purgatorio, per espiare le colpe di una vita trascinata, votata all'obbedienza e non all'ambizione, che ricorda un po' il film del 2001 L'uomo che non c'era dei fratelli Coen. Un uomo che non ha scelta e che si ritrova in una brutta situazione ma non per scelta sua: deve decidere se stare all'inferno o in paradiso, ma prima deve capire da quale dei due lati si sta meglio.
La fotografia di Perez., curata dallo spagnolo Ferran Paredes, è freddissima, come il vento gelido che avvolge questi personaggi in una spirale di violenza (psicologica) inarrestabile. Luca Zingaretti, per tutti il Montalbano della tv, che già aveva lavorato insieme a Edoardo De Angelis per un piccolo ruolo nel suo primo lungometraggio, si conferma come un interprete affidabile, anche per ruoli più cupi e disperati come quello di Demetrio Perez. Anche i co-protagonisti del film, Marco d'Amore, Giampaolo Fabrizio, Massimiliano Gallo e Simona Tabasco, sono tutti in parte e contribuiscono alla realizzazione di un film che ha tutte le carte in regola per essere esportato all'estero.
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