A seguito del recente boicottaggio da parte di nove industrie cinematografiche coreane, il numero delle partecipazioni al Busan Film Festival è sceso vertiginosamente. Tra i presenti ci sarà Tsai Ming-liang, che parlerà ai giovani aspiranti registi
La direttrice del Busan Film Festival, Kang Soo-youn, ha affermato durante l'estate che per via delle problematiche finanziarie e politiche nell’organizzazione dell'evento, quest’anno la manifestazione sarebbe stata di dimensioni ridotte rispetto al passato; ma alla vigilia dell’edizione 2016 pare che queste previsioni si siano rivelate sin troppo caute.
Nel 2015 al Festival parteciparono ben 1572 dirigenti esecutivi da 840 compagnie. Quest’anno la lista è stata solamente di 356 compagnie in agosto, salita a settembre a 434 compagnie con 758 dirigenti partecipanti. Un fattore che potrebbe spiegare questi ritardi è la confusione creatasi in seguito ad un annuncio di boicottaggio da parte di nove industrie cinematografiche coreane, intenzionate a spingere la città di Busan a garantire l’indipendenza artistica della manifestazione.
La città e il Festival in risposta hanno proposto alcune linee guida, e in seguito - delle nove industrie - quattro hanno votato la fine del boicottaggio, altre quattro la sua continuazione, mentre una è rimasta imparziale, portando difatti l’azione al suo decadimento
[Leggi anche: In arrivo il "Busan International Film Festival" in Corea]
Nell’edizione 2016 troveremo il regista e sceneggiatore taiwanese Tsai Ming-liang, vincitore del Leone d’oro nel 1994 per Vive l’Amour e dell’Orso d’argento nel 2005 per Il gusto dell’Anguria. Ming-liang si è posto l’obiettivo di “liberare” i giovani registi dalla visione convenzionale sul fare regia, spingendoli a riflettere sul perché della loro scelta lavorativa e invitandoli a fare film che li rendano felici. Per Tsai Ming-liang una Hollywood è abbastanza, i film sono divenuti meri prodotti, ed i giovani si trovano a dover seguire rigide regole di genere che dominano la creazione dei film odierni.
“Ma io non sono quel genere di regista”, dice: “il cinema è anche una forma d’arte contemporanea”. Come dargli torto.
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