20 anni fa moriva Derek Jarman, autore inglese rabbiosamente visionario ed elegiaco, orgogliosamente queer e attivista per la causa omosessuale. Indimenticabili le sue opere, che ogni cinefilo dovrebbe ricordare e custodire nel proprio cuore
Nel febbraio di 20 anni fa, a soli 52 anni ci lasciava Derek Jarman, autore inglese che della settima arte aveva attraversato svariati mestieri: regista, sceneggiatore, montatore, scenografo (per il capolavoro I diavoli di Ken Russell) e direttore della fotografia. Un artista a tutto tondo, rabbiosamente visionario ed elegiaco, orgogliosamente queer, attivista per la causa omosessuale, romanziere e pittore.
La Brooklyn Academy of Music (BAM) ha organizzato una retrospettiva in suo onore, presentandolo come una figura iconoclasta che ha “non solo ridefinito il cinema queer, ma anche re-immaginato il fare cinema come mezzo per un’espressione personale senza limiti, grazie al connubio innovativo tra suono e immagine”: i suoi lavori sono, ancora oggi, radicali, poetici e imprescindibili. È d’accordo Paul Burston, giornalista e amico di Jarman, convinto che avrebbe amato la rassegna filmica a lui dedicata (intitolata Queer Pagan Punk). Jarman, racconta Burston, era veramente queer, prima ancora che il termine diventasse così di moda, ed ha avuto “un enorme impatto non soltanto sulla cultura gay, ma anche sul mondo pop, su politica e arte”. Nessuno come lui, sostiene il giornalista, è riuscito a trarre da budget infimi opere così straordinarie, promuovendo “talenti così diversi come Tilda Swinton e Sean Bean. Senza contare i suoi diari, i video che ha diretto” – per gruppi come i Sex Pistols, i Pet Shop Boys e gli Smiths –; e l'attivismo: si è sempre battuto contro la disuguaglianza sessuale, contro un governo ostile, lottando per i diritti di gender.
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Jarman è anche stato il maestro delle prime volte nel cinema britannico: il suo Jubilee (1978) è la prima pellicola che indaga l’universo culturale punk rock, mentre l’esordio nel lungometraggio, Sebastiane (1976), primo film parlato interamente in lingua latina, è stato anche il primo in Inghilterra a mostrare un omoerotismo non negativo. Si è confrontato con il genio di Shakespeare (in The Tempest) e di Christopher Marlowe (Edoardo II), prima di congedarsi, già all’apice della malattia che lo aveva reso cieco e l’avrebbe condotto alla morte, con lo sperimentale Blue, considerato il suo testamento. Insomma, una figura, quella di Jarman, che è bene continuare a ricordare e celebrare.
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