Positivi i primi tre giorni al Torino Film Festival 2015, con programmazione di qualità che ha coperto tutti i generi e affluenza di pubblico: in occasione della maratona “Notte horror” di sabato gli spettatori sono rimasti fino alle 6 del mattino
Sono stati assai positivi i primi tre giorni al Torino Film Festival 2015, con una programmazione di qualità che ha coperto tutti i generi e buone affluenze di pubblico: in occasione della maratona “Notte horror” di sabato gli spettatori sono rimasti fino alle 6 del mattino!
Nell’impossibilità di recensire tutte le opere proiettate (che in totale saranno oltre 180, divise in 10 sezioni) segnaliamo ai nostri lettori solo i più interessanti.
Importante la presenza del cinema israeliano, che si conferma sempre di altissima qualità. Il filo rosso che accomunava i film israeliani di questo fine settimana era certamente il tema della lotta tra istinto e ragione: se Mountain (opera prima di Yaelle Kayam) analizza la psiche femminile quando il mondo religioso si ritrova al confine con il peccato, Tikkun (Avishai Sivan) si concentra sull’universo maschile di un ebreo ortodosso studente del Talmud in un momento di profondo conflitto tra gli insegnamenti ricevuti e il proprio corpo.
Diversi film hanno affrontato anche la tematica dell’omosessualità e del gender. Tangerine (Sean Baker) parla di tradimento e di amicizia nell’universo transgender americano usando stilemi tipici dell’iper-melodramma e orientandosi quindi nel registro della commedia con personaggi eccentrici ed esuberanti che risultano divertenti ma che al contempo lasciano trasparire la loro solitudine e la loro disperazione esistenziale. Nasty Baby (Sebastián Silva) oscilla invece tra i toni della commedia e quelli del dramma nell’affrontare il tema del desiderio di paternità di una coppia gay newyorkese che si fa aiutare dalla migliore amica di uno di loro.
Non è un capolavoro il giapponese Riaru onigokko di Sion Sono, ma è così trash da rasentare la bellezza: insieme al pastiche di generi e al tentativo di riflettere sulla realtà e sulla sua costruzione da parte dei nuovi media, va segnalato per la sequenza iniziale davvero immaginifica, che ha fatto saltare sulla poltrona quasi tutta la platea, non solo (o non tanto) per lo spavento, ma per l’eccessività visiva.
Meravigliosa invece la costruzione della tensione, come del resto sceneggiatura e fotografia, nel franco-belga Ni le ciel ni la terre (Clément Cogitore), che porta la guerra addirittura nel territorio del metafisico, ponendoci domande sul valore della fede, sul rispetto dell’alterità e sul senso del conflitto (l’Afghanistan del 2014 è solo un pretesto). Da non perdere.
Non si possono infine non menzionare As mil e uma noites - la trilogia fiume di Miguel Gomes che rielabora la struttura de Le mille e una notte per narrare con geniale fantasia la crisi economico-sociale che ha investito il Portogallo tra il 2013 e il 2014 - e le proiezioni speciali di Citizen Kane (Quarto potere, 1941), Mr Arkadin (Rapporto confidenziale, 1955) e Touch of evil (L’infernale Quinlan, 1958) in omaggio a Orson Welles, cui l’edizione di quest’anno del festival è dedicata.
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