Il divieto dell'uso delle armi di scena sui set e la situazione difficile del cinema italiano: due temi che il senatore Cervellini del Gruppo Misto ha affrontato di recente per chiedere al Governo interventi sostanziali
Il problema del divieto dell’uso delle armi di scena attualmente impiegate nei set di film e fiction italiani è stato risolto tramite una proroga che non altera la normativa vigente, ma semplicemente sposta al 31 dicembre 2015 il tempo utile per l’adeguamento degli ordigni a quanto richiesto dalle ultime circolari. Queste ultime però richiedono modifiche delle armi che risultano di difficile applicazione per il livello di complessità imposto. Se la proroga quindi allontana il rischio di chiusura della quasi totalità dei set in cui si girano film d’azione, non risolve il problema sostanziale di una serie di disposizioni inadeguate che richiedono una riscrittura in tempi brevi.
L’ottobre scorso il senatore del Gruppo Misto - SEL Massimo Cervellini, vice presidente della Commissione Lavori pubblici, ha sollecitato il Governo in un’interrogazione parlamentare a risolvere la questione con un intervento preciso. A questo proposito gli abbiamo voluto chiedere un parere più ampio sia sul tema specifico delle armi per uso scenico sia sulla situazione generale del cinema italiano, per capire il suo punto di vista in merito a come si sta muovendo il governo in sostegno del cinema italiano.
A suo avviso c’è un intento di riscrivere le circolari e in generale tutto l’impianto legislativo che definisce le caratteristiche che le armi sceniche devono avere?
Le circolari probabilmente sì. Per quanto riguarda l’impianto legislativo, non credo sia fattibile un’azione di revisione in quanto la legge 18 aprile 1975, n. 110, seppure non definisce gli interventi tecnici necessari per rendere l’arma idonea all’uso scenico, recepisce la direttiva europea 2008/51/CE relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi. Pertanto l’azione da porre in campo, da parte del Ministero competente, tramite lo strumento delle circolari, è di semplificazione e snellimento degli adempimenti amministrativi per la legittima detenzione, oltre che delle procedure di intervento tecnico di modifica della canna delle armi (alesatura, inserimento di dispositivi di sicurezza) e soprattutto della loro onerosità, insostenibile per i soggetti abilitati alle riparazioni. Il sostegno a questo settore passa necessariamente per un’azione decisiva di mediazione di interessi e soprattutto di riconnessione del tessuto urbano, artistico, professionale ed amministrativo che possa far scaturire da questa complessa vicenda un’occasione di rilancio per il futuro di un aspetto strategico dell’industria cinematografica.
[Leggi anche: Divieto dell’uso di armi di scena nei film: come stanno davvero le cose e cosa dice la legge]
Che tipo di azioni lei e il suo gruppo avete portato avanti e intendete fare per sollecitare interventi migliorativi dell’attuale status quo del settore cinematografico?
Ricordo le parole di Sergio Leone sul cinema. Per lui, lo spettacolo più bello era quello del mito. Il cinema è mito, prima ancora che spettacolo. E Roma è il luogo ideale per tutto questo: il mito, lo spettacolo... il sogno che il cinema sa evocare in modo così mirabile. Purtroppo il settore cinematografico in Italia, soprattutto a Roma, vive una fase complessa, a causa della crisi della cultura in generale, ma anche di problemi più specifici come la competitività con le produzioni straniere, il dramma delle professioni e del lavoro.
SEL è da sempre molto sensibile a questi temi, a livello nazionale, ma soprattutto a Roma, nelle battaglie sul territorio. Solo per fare alcuni esempi, tra i più recenti, vorrei citare il sostegno agli occupanti nella vicenda del Cinema America, nella convinzione che la riappropriazione di uno spazio culturale - per sottrarlo alla speculazione e al degrado - è una sfida coraggiosa da parte del cuore giovane della nostra città.
SEL è stata inoltre uno dei pochi attori a chiedere, in un’interrogazione alla Camera, che fine avrebbero fatto la Technicolor, acquistata nel 2001 dalla multinazionale francese Thomson Multimedia, soprattutto i 94 lavoratori in Cassa Integrazione di via Tiburtina e via Urbana, cui si aggiunge il valore storico di un’azienda che ha portato l’esperienza italiana a fare scuola nel panorama cinematografico mondiale. La Technicolor SpA dal 1957 è infatti uno dei marchi leader della post produzione video e audio per il settore cinematografico e televisivo. Ha contribuito alla realizzazione di film entrati nella storia del cinema e nel nostro immaginario collettivo: Amarcord, Nuovo Cinema Paradiso, Apocalypse Now, C’era un volta in America, Caro Diario, La grande bellezza, Gomorra. Ha dato lavoro a professionalità e talenti che in questo mestiere hanno messo competenza e passione.
Infine, anche la questione della proroga del termine per l’adempimento degli obblighi e la prosecuzione dell’attività dei detentori delle armi sceniche si è conclusa, per il momento, in maniera positiva, pure grazie all’interrogazione che, primo inter pares, ho presentato al Ministero dell’Interno. C’è voluto che diventasse concreto il rischio di non poter più utilizzare armi di scena per qualsiasi tipo di film, perché il Consiglio dei ministri, su iniziativa del ministro dell’Interno, si sia deciso a prorogare fino al 31 dicembre 2015 i termini di scadenza per l’adeguamento tecnico delle armi di scena sui set cinematografici da parte delle ditte fornitrici. Sicuramente da questo momento con SEL faremo pressioni affinché sia dato seguito effettivo alla nostra richiesta di convocazione di un tavolo con gli operatori del settore, periti e armieri autorizzati, per individuare quali interventi tecnici possano essere effettuati realmente e in tempi brevi sulle armi sceniche, consentendo ai detentori la prosecuzione della loro attività.
[Leggi anche: Divieto d’uso di armi di scena nei set dei film: c'è la proroga. Si possono usare fino al 2016]
In generale la nostra azione sarà continua, perché il cinema e il teatro sono da porre al primo posto per far ripartire l’indotto legato alla cultura: per questo metteremo in campo azioni territoriali di valorizzazione di eccellenze preziose come Cinecittà, patrimonio che non possiamo permetterci venga disperso, contro qualsiasi progetto di speculazione edilizia e per un serio programma di rilancio a partire dalla centralità della produzione cinematografica, grande risorsa economica per Roma e per il Lazio, dove si sviluppa l’80% dell’attività nazionale.
Specificamente cosa intendete fare per Cinecittà?
L’obiettivo è restituire a Cinecittà il ruolo di cuore pulsante della storia del cinema, trasformandola in un centro di cultura e di formazione dei mestieri coinvolti nella produzione cinematografica, ponendo un argine al dilagare del fenomeno dei parchi tematici - per metà giostre, per metà centri commerciali - come quello di Castel Romano. Il cinema è anche divertimento, ma in primis è storia, costume, lavoro, tradizione, eccellenza ed è quindi a Cinecittà che vogliamo portare bambini e ragazzi, insegnando loro l’importanza della tutela e della valorizzazione di realtà in fermento come l’Istituto Cine e Tv Rossellini, come la pluralità di case di produzione, sale cinematografiche e teatrali di Roma e Provincia che rappresentano una ricchezza imperdibile per il nostro territorio. La cultura rende migliore la vita degli individui e della società e richiede un forte investimento di risorse affinché venga valorizzata.
In generale come le sembra che stia lavorando l’attuale Governo in merito alla situazione - non proprio felice - del cinema italiano?
In Senato mi occupo di Lavori pubblici. Mi verrebbe da dire che questo Governo sta affrontando il tema della cultura come quello del dissesto idrogeologico: senza alcun piano organico di difesa del patrimonio fragile e preziosissimo del nostro Paese. Addurre, ad esempio, il maltempo come causa del graduale e inesorabile crollo di Pompei è la stessa giustificazione pretestuosa della bomba d’acqua in Maremma: molti danni si sarebbero potuti evitare con interventi strutturali ordinari di messa in sicurezza. Invece in questo Paese o si fanno grandi opere, o si lascia tutto al degrado e all’inerzia. Le strutture murarie di Pompei continuano a crollare, perché ancora non è stato effettuato alcun riassestamento idrogeologico del sito, né sono stati aperti i cantieri necessari del cosiddetto Grande Progetto Pompei.
E per il settore cinematografico la situazione non è diversa. Basta citare la vicenda della Fondazione Teatro Valle bene comune, lo sgombero del Cinema America occupato, la “riconversione funzionale” dell’ex cinema Metropolitan di via del Corso in un centro commerciale, col compromesso della sopravvivenza di una piccola sala cinematografica all’interno della struttura. Sembra di assistere al medesimo smantellamento delle nostre grandi aziende pubbliche, avallato dal Governo delle larghe intese.
La nostra identità, come SEL, a difesa della cultura, dei beni comuni, del lavoro ci impone come imperativo morale quello di mettere in campo tutte le azioni possibili per contrastare questo disegno perverso. Non solo il ministro Franceschini dovrà rispondere alla nostra interrogazione dando conto delle criticità del sistema cinematografico e audiovisivo: noi intendiamo impegnare il Governo a considerare la difesa del nostro patrimonio cinematografico una priorità, anche per riattivare un settore con ricadute importanti dal punto di vista economico e occupazionale. Soprattutto per custodirlo e trasmetterlo - nella sua bellezza e fragilità - alle generazioni che verranno.
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