È stata l’attrice piacentina ad inaugurare una serie di incontri che si terranno a Taormina tra gli studenti e i divi del cinema, poco prima di essere insignita del premio Cariddi alla carriera nella splendida cornice del Teatro Greco
“Chi l’avrebbe mai detto?”, sembra quasi sorpresa Isabella Ferrari nel ricevere un premio alla carriera per un percorso artistico iniziato quasi per caso grazie ad un concorso di bellezza. “Vengo da un piccolo paese nella provincia di Piacenza, mai avrei immaginato che avrei fatto l’attrice ma sicuramente che sarei stata un’artista. Poi mia madre mi iscrisse a Miss teenager, vinsi e incisi un album. Cantavo male ma iniziai a lavorare in televisione e mi notarono i fratelli Vanzina che mi offrirono l’indimenticabile ruolo di Selvaggia in Sapore di Mare. Con quel film è nata la mia carriera ed il mio sogno di fare cinema. All’epoca recitavo male, non avevo studiato né avevo molta consapevolezza di ciò che stavo facendo. Devo dire grazie a loro per avermi dato quest’opportunità e ai miei genitori per avermi sempre sostenuta”.
Poi, visibilmente commossa dinanzi alle immagini sullo schermo di Willy Signori e vengo da lontano, ha rivolto un pensiero a Francesco Nuti: “Verso la fine degli anni Ottanta essere scelti per un film di Nuti era un punto di arrivo. Insieme a Massimo Troisi era autore di una commedia romantica sofisticata che è stata d’ispirazione per diversi registi tra i quali Pieraccioni e Veronesi, che spesso hanno emulato senza successo. È un grande dispiacere pensare che oggi Francesco, a causa dell’incidente che gli è capitato, non possa più lavorare”.
Un altro regista con il quale è stata molto felice di aver lavorato è Ferzan Ozpetek: “Mi piace lavorare con lui. Dopo Saturno Contro, iniziarono i provini per Un Giorno Perfetto, un film un po' atipico nella filmografia di Ferzan, tratto dal romanzo di Melania Mazzucco, sul quale lui aveva molti dubbi. Io volevo quel ruolo a tutti i costi, mi era piaciuto moltissimo anche il romanzo e alla fine sono riuscita ad ottenere la parte”.
Sostiene di essere timida ma non lo sembra affatto Isabella Ferrari, che, a cinquant’anni appena compiuti, è ancora una delle sex symbol più chiacchierate del cinema italiano. Al Festival di Roma, dove lo scorso anno vinse il premio come miglior attrice per il ruolo nel film di Paolo Franchi, E la chiamano estate, fu accolta sul palco da molti fischi e qualche insulto. “Ci sono stati dei film che avrei voluto fare ma che non ho fatto perché, secondo alcuni, ero troppo bella, e altri in cui avvertivo troppo la prepotenza degli uomini, specialmente dei registi. Ho impiegato molto tempo a trovare un modo per proteggermi. Le polemiche sulle scene di sesso in Caos Calmo o quelle di nudo in E la chiamano estate mi hanno ferita, ma sono film che rifarei perché mi hanno insegnato tanto. Non puoi dire di essere veramente un’attrice se lasci che il pudore costituisca un limite. Il fatto di non aver studiato in un certo senso credo che mi abbia aiutato ad essere più spregiudicata. Per me assumere dei rischi è più importante degli incassi al botteghino”.
L’attrice ha sottolineato più volte l’amore infinito che la lega al suo lavoro e il rapporto speciale che si crea tra regista ed interprete. “Sono convinta che l’attrice sia vittima e carnefice dello sguardo del regista. Nel mio modo di affrontare l’interpretazione, il regista è fondamentale. Amo stare davanti la macchina da presa, essere su un set è un’esperienza meravigliosa, è come dimenticarsi della propria vita per un po’ e poi tornare indietro senza essere invecchiati. Oggi è molto difficile lavorare con continuità ma io non potrei fare a meno del set”.
Su Ettore Scola, con il quale ha girato Romanzo di un giovane povero, ha aggiunto: “Sul set ero incinta di sei mesi, infatti in quel film ci sono quasi tutti primi piani. Per me è stato il regista più importante. Un maestro del cinema ironico e divertente che mi ha insegnato a partire da me stessa per essere un’attrice migliore”. E sulla Coppa Volpi che vinse proprio grazie all’interpretazione in quel film ammette: “Non è vero che i premi non sono importanti. Subito dopo la Coppa Volpi mi arrivarono proposte dall’estero e cominciai a lavorare in Francia. Fu un premio inaspettato ma fondamentale per la mia carriera”.
La Ferrari ha inoltre reso merito al teatro che ha giocato un ruolo fondamentale nella sua formazione. “Sono sempre in cerca di qualcosa di nuovo ed il teatro mi ha dato l’opportunità di interpretare ruoli diversi. È un’esperienza molto formativa perché è come se in qualche modo mi ha aiutata a spazzar via quel senso di inadeguatezza che mi angosciava. Ho fatto 400 spettacoli ed ogni volta era diverso a causa del pubblico e di una lunga serie di fattori”.
L’attrice ha infine svelato le motivazioni che l’hanno spinta a decidere di produrre l’ultimo film del marito, il regista Renato De Maria, Una Vita Oscena. “Quando diversi anni fa ci chiesero di fare Distretto di Polizia, molti miei amici mi sconsigliarono di farlo supponendo che, dopo la televisione, non avrei più avuto la possibilità di fare cinema d’autore”. E a questo proposito la Ferrari ha rivelato un aneddoto divertente: “Mi dissero guarda Isabella che Amelio poi non ti chiama più. Qualche mese dopo incontrai Gianni Amelio che mi abbracciò, mi riempì di complimenti e mi disse che doveva scappare a casa a vedere l’ultima puntata di Distretto!” Dopo il successo di Distretto di Polizia, Renato De Maria l’ha diretta in Amatemi: “Quel film è stato scritto per me. Gli chiesi di farlo e lui scrisse questa bellissima lettera d’amore su una donna che dopo l’abbandono del marito sprigiona tutta la sua femminilità. Quando ho letto il copione di Una Vita Oscena ne sono rimasta subito affascinata e mi sono messa in mezzo per cercare di produrlo. Ora prometto che lascerò Renato in pace per un po’!”.
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