La storia infinita ha 30 anni. È il 20 luglio del 1984 quando il film diretto da Wolfgang Petersen fa il suo ingresso nelle sale cinematografiche americane.
La storia infinita compie 30 anni. È il 20 luglio del 1984 quando il film diretto da Wolfgang Petersen fa il suo ingresso nelle sale cinematografiche americane. A distanza di tutti questi anni, La storia infinita viene ancora oggi considerato come un classico che racconta un storia estremamente attuale e il regista tedesco racconta in un’intervista ad HuffPost Entertainment il segreto di un grande successo.
Un film di fantasia, un mondo magico e suggestivo, l’universo de La storia infinita è stato costruito grazie al lavoro di moltissime personalità. In un periodo storico in cui la tecnologia era ancora poca cosa e la computer graphic non aveva ancora conquistato quel posto di rilievo che ha oggi, il ricorso di Petersen agli effetti speciali si limita a ben poche cose. Ci sono le necessarie interazioni con il più classico blu screen da un lato, e le scene di volo in cui il giovane Bastian viaggia in groppa al fedele fortunadrago Falkor. Il resto è frutto del lavoro di uomini impegnati nelle più impensabili situazioni per costruire i dettagli di quel mondo fantastico e travolgente tutto da esplorare. Una situazione in netto contrasto con quelli che sono i blockbuster più moderni, dove le immagini generate al computer predominano sulla manualità e sulla creatività di qualsiasi uomo.
Tratto dalla prima parte dell’omonimo romanzo scritto da Michael Ende, il processo di produzione de La storia infinita fu avvolto da un’aura magica e da quella serie di ostacoli che non mancano mai quando si lavora ad un film. Attraverso un processo di produzione di intere settimane, un team di burattinai si occupava dei movimenti di ogni singola creatura del film. Solo dietro il personaggio di Falkor furono impiegate 25 persone diverse per non parlare di quelle che si occuparono delle sole espressioni facciali. C’era chi si occupava del naso, chi del sopracciglio, chi del labbro superiore e chi, invece, di quello inferiore.
Il magico processo che ha preso forma dalla meccanica dei pupazzi ha dato vita ad un universo incredibile dove le voci di ogni personaggio venivano registrate con largo anticipo per essere aggiunte in un secondo momento attraverso un processo di sincronizzazione tra parole e movimenti. Un lavoro che non fu esente da errori data la difficoltà di liberarsi di quelle piccole imprecisioni impercettibili all’occhio di chi non è esperto ma fondamentali per gli esperti del settore. Fu proprio questo, però, a fare di questo film un vero gioiello artistico. A detta di Petersen, infatti, fu proprio l’atmosfera calorosa che si respirava su un set fatto da esseri umani impegnati a rendere questo film speciale.
Ma La storia infinita fu anche il frutto di una minuziosa serie di scelte e la maggior parte delle risorse furono impiegate proprio nella ricerca dei protagonisti. Dopo aver audizionato 3.000 attori, Petersen riconobbe in Tani Stronach il volto dell'imperatrice. Fu poi la volta di Bastian (Barret Olivier) e Atreyu (Noah Hathaway). I tre dimostrarono una sorprendente capacità di adattamento e l'interazione con le creature sul set si mostrò più semplice di quanto si sarebbe potuto immaginare. Fu proprio questo uno dei maggiori punti di forza del film. Grazie alla presenza sul set di creature in carne e ossa - create con il supporto dell'artista italiano Ul De Rico insieme al designer Rolf Zehetbauer e a Caprice Roth - non fu necessario poggiare sulla fantasia e sul potere d'immaginazione di ogni singolo attore.
Ma non fu tutto rose e fiori per Petersen. Le scelte del regista non furono semplici e il processo di adattamento lo costrinse a tagliare diversi punti e ad eliminare molte delle creature fantastiche presenti nel libro. La decisione scatenò l'ira di Ende che non tardò a manifestare apertamente il suo dissenso. In una conferenza stampa lo scrittore descrisse il film come “rivoltante”. Un atteggiamento poco comprensibile agli occhi del regista, impossibilitato a dare il giusto spazio a tutti e mosso soprattutto dalla necessità di dar luce a un prodotto adatto ad un pubblico sia internazionale che familiare.
A tutto ciò si aggiungeva il desiderio di fare grandi numeri al box office con un film in grado di divertire e far riflettere allo stesso tempo. Alla magia e alla suggestione si aggiunse il giusto pizzico di oscurità per rendere le situazioni più vicine alla realtà. “Erano diversi i momenti bui e spaventosi del film, ma la vita è così”, ha spiegato il regista. “È un modo per educare il lettore come Bastian ad affrontare quei momenti scuri per poi raggiungere un obiettivo finale”.
Una testimonianza che si conclude con un’ultima riflessione. “Cosa vorrebbe dire oggi girare un seguito de La storia infinita?” Dopo i due seguiti di poco successo, si potrebbe forse pensare ad un film dal titolo Ritorno ala storia infinita basando la storia sulla seconda parte del libro. Ma Petersen sa bene che non solo non ne avrebbe l'opportunità ma che dovrebbe anche confrontarsi con le nuove tecnologie. “Dovremmo girarlo con le tecnologie moderne” ha detto il regista, “e l'obiettivo è di ottenere un risultato che sia davvero così interessante, favoloso, umano e caldo come il capolavoro cui siamo riusciti a dar vita di 30 anni fa”.
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