Dal tema dell’identità allo straniamento brechtiano: alcune caratteristiche che descrivono lo stile del regista spagnolo
Dici cinema spagnolo e tutti pensano immediatamente a lui, Pedro Almodóvar. Il regista che ha saputo raccontare la Spagna dalla fine degli anni settanta – l’epoca in cui il paese doveva rialzarsi dalla dittatura di Franco – fino ad oggi, che ha saputo far ridere e commuovere quasi contemporaneamente e che può essere tranquillamente chiamato autore. La sua filmografia è molto eterogenea, ma conserva dei tratti distintivi che ormai hanno definito il suo stile, vediamone alcuni:
Identità fluide
Probabilmente si tratta della caratteristica più presente nella filmografia di Almodóvar: i suoi personaggi rifuggono qualsiasi stereotipo e se sembra che lo incarnino è solo per poi sconvolgerlo. Per fare un esempio pensate ai due personaggi maschili di Parla con lei, Benigno e Marco: uomini con i tratti che solitamente definiscono i personaggi femminili, coloro che fatalità nel film sono vittime di stato comatoso.
Leggerezza
Cosa accomuna The Danish Girl, Dallas Buyers Club, A single man – tutti gran film, sia chiaro - e tutti gli altri film hollywoodiani che raccontano l’identità di genere? Sì, per quasi tutto il tempo i protagonisti soffrono e lottano prima di tutto per accettare se stessi. Nemmeno negli anni ottanta, quando gran parte della Spagna era ancora intrisa di cattolicesimo, Almodóvar ha avuto problemi a mostrare le vite di transessuali (La legge del desiderio) ed omosessuali con una combinazione di leggerezza e serietà.
L'(auto) rappresentazione
Oltre al tema dell’identità ad essere centrale è anche quello della performance e della rappresentazione. Quasi tutti i personaggi dei suoi film sembrano consapevoli di interpretare un ruolo per soddisfare le aspettative della società e delle altre persone. La pelle che abito, del 2011, ne è un ottimo esempio.
[Leggi anche: Il teaser di "Julieta", il nuovo film di Pedro Almodóvar]
Straniamento di Brecht
Almodóvar in molti casi non teme, bensì incoraggia una recitazione distaccata ed innaturale al punto da apparire forzata. Una delle più frequenti critiche a cui sono sottoposte le opere del regista è quella di essere troppo contorte, di avere trame piene di coincidenze improbabili. Il regista ama ricordare al suo pubblico che tutto quello che sta succedendo è finzione, ma lo fa sempre in modo indiretto, in un modo che molto probabilmente piacerebbe a Bertolt Brecht.
Fotografia attenta e colori sgargianti
Il regista ama mettere in scena blocchi di colori forti e lavorare con costumisti estrosi (i vestiti di Victoria Abril in Kika - Un corpo in prestito sono di Jean-Paul Gaultier). Nonostante la vivacità dei caratteri e delle situazioni però la fotografia è sempre attenta ai minimi dettagli, molto controllata e decisa a condurre lo spettatore attraverso determinate reazioni emotive.
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