Non fu un esordio felice quello di "Le Ali della libertà", film diretto da Frank Darabont con Tim Robbins, Morgan Freeman, Bob Gunton, William Sadler e Clancy Brown
Non fu un esordio felice quello di Le Ali della libertà, film diretto da Frank Darabont con Tim Robbins, Morgan Freeman, Bob Gunton, William Sadler e Clancy Brown. Arrivato nelle sale americane nel settembre del 1994, il film fu accolto in maniera fredda dalla gente che non riuscì a farsi coinvolgere dalla drammatica vicenda del direttore della banca ingiustamente accusato dell’omicidio della moglie e del suo amante. Nonostante la nomina a diversi Premi Oscar, il film sparì presto dai cinema e fu subito dimenticato. Ma la fortuna cominciò presto a cambiare le sorti della pellicola tanto che, ad oggi, dopo 20 anni da quello sfortunato debutto, Le ali della libertà è diventato uno dei classici più amati della storia del cinema. Un cambio di rotta dovuto a diverse ragioni.
Stagioni diverse
In primo luogo, un bellissimo libro di Stephen King. Lo scrittore, noto ai più per i suoi celebri libri horror, fu anche l’autore di Stagioni diverse, una collezione di quattro intensi racconti drammatici tra cui Rita Hayworth and the Shawshank Redemption, il più profondo e toccante tra quelli contenuti nella raccolta.
Frank Darabont
Ad una storia che viaggia da sola si aggiunge il talento di Frank Darabont. In un’intervista a Creative Screenwriting, il regista descrisse King come “un narratore all’antica, nella migliore accezione che si possa dare ad antico”. Darabont si occupò anche dell’adattamento della sceneggiatura e riuscì a dare al film una qualità eterna che richiama i lavori classici hollywoodiani tipici di Frank Capra e John Sturges.
La voce fuori-campo
Tratto letteralmente dalla novella, raccontata in prima persona, il film poggia anche sulla voce di Morgan Freeman per dare alla narrazione il tocco che serve a far avanzare la trama. Il tono mellifluo di Freeman si delinea quasi come forte punto morale del film all’interno di un’atmosfera che aggancia lo spettatore dalla prima parola all’ultima. L’eloquenza di Freeman gli valse anche la terza nomination agli Academy.
La musica
A dare forza al film contribuisce anche il compositore Thomas Newman con una scelta musicale che contribuisce al dramma senza il rischio di esagerare o calcare troppo la mano o sconfinando nel pietismo. Il lavoro di Newman fu memorabile tanto da far ottenere al compositore la prima delle dodici nomination agli Oscar per una composizione musicale che fu riciclata per anni e anni in una dozzina di successivi trailer cinematografici.
Un legame fraterno
Una considerazione a parte merita anche l’amicizia profonda che si instaura nel film tra Andy Dufresne (Tim Robbins) and Ellis ‘Red’ Redding (Freeman) e che costituisce il vero cuore di tutto. Un legame intenso e forte tra due anime sole e smarrite che nasce all’interno del carcere e cresce e si sviluppa in un mutuo e reciproco rispetto.
Il titolo
Una delle preoccupazioni di Darabont ruotava proprio intorno al titolo del film. Il dubbio che la pellicola potesse essere fraintesa e considerata un biopic su Rita Hayworth convinse il regista a omettere le prime tre parole del titolo del racconto, ma la scelta non risolse il problema né attenuò la confusione degli spettatori. Lo stesso Freeman imputò all’incomprensibile soprannome scelto l’insuccesso al botteghino. Anche in questo caso, le cose sono cambiate con il tempo. Quel nome così autentico diede al film un’identità tutta sua e oggi la parola “Shawshank” rievoca immediatamente nella mente dello spettatore le immagini di un film indimenticabile.
Home video
Sorprende la scelta della Warner di lanciare sul mercato 320,000 copie in videocassetta del film, nonostante il pessimo risultato al botteghino. Ma quella della casa di produzione fu una scommessa decisamente vincente e ripagata dall’emergere di un nuovo pubblico pronto a dare il giusto peso al lavoro di Darabont. Un successo che non si è arrestato neanche oggi, con l’arrivo del film in DVD e Blu-ray.
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