Recensione di 2047 – Sights of death | Michael Madsen, Daryl Hannah, Rutger Hauer e l'apocalisse da discount
Recensione di 2047 – Sights of death di Alessandro Capone con Michael Madsen e Daryl Hannah: scenari post apocalittici, contaminazioni, desolazione, eserciti, ribelli ed anarchici sono sempre merce a basso costo se la regia non esiste
Nemmeno ai fan di Michael Madsen e Daryl Hannah può bastare un film come 2047 – Sights of death di Alessandro Capone, sci-fi dalla produzione tutta italiana.
Sembra di ritrovarsi davanti a un mockbuster, fin quando non ci si assicura dell’assenza di qualsiasi idea che possa essere sopra le righe e che in realtà si tratta principalmente di un film da discount, merce basata su nozioni generiche e datate, su cliché superati (abbondantemente) ovunque, dalla tv ai videogiochi. Se a fianco alla fantascienza pop degli effetti speciali, dei robot e dei mostri giganti, del disaster porn e dei budget infiniti scorrono quelle delle rispettive scopiazzature e quella più indipendente ed intimistica (Her di Spike Jonze, per fare un solo titolo), il film di Alessandro Capone si trova nel sottobosco del cinema di genere solitamente fatto di regie standard, di idee mal sviluppate, di intenzioni minute e di risultati ancor più piccoli: quello che fino a qualche anno fa sarebbe stato, per i più, l’infinito elenco di brutte locandine sul display del noleggio sotto casa.
Daryl Hannah, Rutger Hauer, Stephen Baldwin, Michael Madsen, Danny Glover : attori dalle filmografie sterminate, ognuno vivo grazie a una manciata di cult, presi e messi sull’ennesimo set di turno, con in bocca quel tot di frasi necessario a tenere in piedi la narrazione, tra una smorfia di dolore e una di rammarico, un colpo di fucile e un corpo a corpo.
Al di là dell’amore per il genere, a che cosa può portare tutto ciò? Che cosa legittima un’operazione di questo tipo? La soddisfazione non può essere nel fatto che non sia un film del tutto da buttare.
Scenari post apocalittici, eserciti, ribelli, anarchici e contaminazioni dilaganti da soli non sono mai serviti a nulla (se non a chiudere malamente, trent’anni fa, l’era del cinema di genere in Italia), e forse, se messo nelle mani di qualcuno come i Manetti Bros (Zora la vampira, L’arrivo di Wang), 2047 – Sights of death avrebbe potuto essere qualcosa di buono, ma la regia di Alessandro Capone, che ha alle spalle decenni di tv nostrana, da sola può fare poco, se non assicurare la compattezza del tutto: difatti ogni cosa scorre senza incidenti visivi dall’inizio alla fine, si gode di scenari ed effetti, della violenza e delle macchiette, dell’atmosfera cupa e del twist finale, senza che però vi sia un minimo colpo di follia che possa dare almeno un gusto trash. Gli era andata meglio nel 2012 con E io non pago - L'Italia dei furbetti, una commedia dove il grosso lo faceva il cast, ma adesso, dove i comici (o pseudo tali) non ci sono (e comunque non basterebbero) e la macchina da presa dovrebbe imporsi ed andare oltre l’essere semplicemente un mezzo tecnico, la sensazione di trovarsi davanti al nulla vince.
Voto della redazione:
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