Recensione di Fratelli unici con Luca Argentero e Raoul Bova: commediaccia italiana uguale a (e peggio di) mille altre, tra nonsense, gag scatologiche e risoluzioni improvvisate
Il problema - uno dei tanti - con queste commedie italiane tutte uguali e spesso brutt(issim)e, è che le recensioni stesse rischiano sempre di iniziare e finire in un vitreo campionario di ripetizioni e banalità, nella stanchezza di una visione già di suo al decesso su tutti i livelli. E quindi, via: Fratelli unici almeno non perde tempo e infila gli stereotipi dell'arrivista e della (mica tanto) simpatica canaglia nei minuti iniziali piazzando il turning point (la perdita di memoria) addirittura prima della fine dei titoli di testa. Il passaggio è talmente repentino e meccanico che nemmeno i protagonisti sembrano davvero accorgersi di quel che accade; e tempo qualche scena, l'espediente - che fa incarnare Argentero nella brutta copia del Tom Cruise di Rain Man e Bova in quella del Robin Williams di Jack - si incarta subito in gag scatologiche e/o ribadite e subito usurate.
Le soluzioni comiche scelte sono sempre le più triviali, se appena i personaggi diventano respingenti e sgradevoli un primo piano cuccioloso risolve tutto, la sottolineatura musicale esasperata ed esasperante prende il posto o amplifica inutilmente l'espressione di un'emozione qualsiasi cercando di strappare un sussulto, gli stacchi del montaggio vanno letteralmente a caso (qualcuno per pietà mi illumini sulla scena di Argentero in ospedale), e ancora: quando non si trova replica a una discussione basta il dito medio, riportare lo smemorato puro di cuore nella normalità significa farlo rimorchiare, un no di una donna vuol dire sì e così via, roba che persino un immaturo prepuberale coi brufoli si sentirebbe insultato ("l'amore è la morte del sesso", ancora?! Davvero?).
La pellicola di Federici riesce in seguito persino a peggiorare, complice un'esagitata recitazione da fiction o da cartone animato di serie B (Argentero gigioneggia, Bova fa le faccette, la Leone è giusto bella, la piccola Eleonora Gaggero sembra a una recita scolastica), in un terzo atto incredibilmente scalcinato e nonsense, ove l'unità familiare si ritrova unicamente mettendo alla berlina qualcun altro, necessariamente ancor più odioso.
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Ma dopotutto perché infierire, cosa si può dire di un film con battute come "Abbiamo perso poesia", "Piangi? - No sono allergica al Natale", "Sei bellissima ma ti comporti da brutta" e in cui l'unico momento che scatena un flebile sorriso lo ottiene un'anziana comparsa? Probabilmente nulla, ma la domanda che resta è: per quanto ancora andremo avanti a sorbirci una tale svogliatezza di scrittura, una tale mancanza di quello sforzo, passione e sudore che un minimo di creatività richiederebbe, in prodotti del genere che trattano da per stupidi - altro termine non è utilizzabile - spettatori e critici tutti? Ai posteri cinematografici, spero non troppo lontani nel tempo, l'ardua sentenza.
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