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Autore Alessandro Tavola :: 8 Ottobre 2014
Locandina di Maze Runner - Il labirinto

Recensione di Maze Runner - Il labirinto di Wes Ball con Dylan O'Brien, Will Poulter e Patricia Clarkson: compatto e schematico, una staffetta a senso unico dove sono l'azione e la meccanicità a risaltare stabili e puntuali

Tratto dal libro scritto da James Dashner e diretto da Wes Ball, Maze Runner – Il labirinto vede protagonisti Dylan O'Brien, Will Poulter, Patricia Clarkson e tanta pulizia tecnica: da un immaginario fatto di reality e cavie umane di per sé saturo, pesca solo quel che gli serve per utilizzarlo al meglio.

Da subito in medias res, il regista ci scaraventa nella corsa e nell’affanno, e determina immediatamente gli elementi chiave film: la velocità e la precisione. Contraltare dell’action spedito e della prevedibile distopia messa in scena sono infatti i meccanismi a cascata di causa ed effetto, in cui ogni cosa avviene puntuale e quasi millimetrica. In questo eccesso di compressione non troviamo spazio per la claustrofobia o il dubbio, il desiderio di liberazione o lo spavento: The Maze Runner è una staffetta a cronometro che non perde un secondo, e che nel suo carattere videoludico contiene dal primissimo momento il dna della propria riuscita, in cui la caratterizzazione metaforica e le dinamiche sociali tra i personaggi (basilari, nodose, nette) trovano la loro collocazione bilanciata come pezzi degli ingranaggi, lontano da qualsiasi sorpresa ma anche da – e questo è il suo pregio – inutili lievitazioni verbose. Privo dell'imballaggio tipico della fantascienza teen, sono la funzionalità e la misura a farsi apprezzare, si gode della circuitazione senza nessuna scocca ingannevole, seguendo l’ordine rigoroso degli avvenimenti, degli scambi di battute, delle scissioni, degli scontri, dello schema complessivo a senso unico, in cui è l'azione manifesta a contenere costrizione e liberazione e non un qualche vagheggiare dialogato (verso il) vuoto.

Qui al suo esordio con il lungometraggio, Wes Ball incastra spazi, avvenimenti e personalità con economia da scenografo ed ampio zelo tecnico, senza la minima dispersione: dallo stage al dungeon, dalla paura (che dura minuti, se non secondi) al coraggio propulsivo, a risaltare più di ogni altra cosa è l’appeal poligonale delle ambientazioni, e la radura/prigione prima ed il labirinto poi rientrano tra i maggiori protagonisti. Se la componente fantascientifica risulta essere essenziale/manualistica, corse e combattimenti non cedono alla sovrabbondanza di effetti, all’ipercinesi, al rocambolesco: ponendo il tutto come una coda di tessere di domino, l’autore impone un'idea compatta, cupo, violento e serrato, e l’azione diventa la principale fonte di godimento, coordinata e rigida. La sensazione di pericolo è lontana e il dedalo e ciò che gli sta attorno sono meno complessi di quanto potenzialmente potrebbero, ma il gioco d’ambienti funziona e alle quest, al tempismo e al feticismo architettonico appartiene la macroscopica ragion d’essere della pellicola, che a certi nonsense narrativi preferisce il contrarsi, spoglia ma decisa.

[Leggi anche: Dylan O'Brien al Giffoni Film Festival]

Maze Runner può tranquillamente accostarsi a Hunger Games e compagnia, in quel cinema epigono affatto estremo de L’implacabile e Battle Royale. Non privo delle lacune tipiche (soprattutto sul finale) ma lontano dalle chiacchiere e dall’abbordabile eclettismo dei film basati sui libri di Suzanne Collins, risulta più onesto e godibile, riuscendo ad inserire i suoi valori da romanzo di formazione nelle venature dell’action e non sulla sua superficie.

Trailer di Maze Runner - Il labirinto

Voto della redazione: 

3

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