Durante gli American Film Market AFM, la Cina è stata al centro delle attenzioni
Non c'era bisogno dell'American Film Market (AFM) per capire che la Cina è in questo momento al centro delle contese di tutti i grandi nomi del cinema mondiale. Tuttavia in seno a questo fondamentale evento di connessione di mercato, si sono scoperte alcune consolidate fattualità che riguardano il trend del cinema che vedremo nelle sale nei prossimi anni. Ne facciamo il punto.
Dalla parte asiatica abbiamo schierata una mastodontica forza produttiva che sta investendo smodatamente nel mercato dell'entertainment. È una identità tripartita che si muove agilmente grazie alla disponibilità di liquidi: si tratta di BAT (Baidu, Alibaba e Tencent), che si è presentata al mercato americano con l'intenzione di siglare contratti a tanti zeri.
Di Jack Ma e del suo figliol prodigo Alibaba abbiamo già lungamente parlato: la sua presenza agli AFM ha registrato lunghe code di attesa al fine di ricevere udienza dal magnate dell'e-commerce, virato all'industria dell'intrattenimento.
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La piattaforma di Baidu dal canto suo, gestisce la piattaforma di streaming video iQiYi. Questa guarda all'offerta di Hollywood con molto interesse: “I film americani sono enormemente famosi in Cina. Quest'estate hanno superato i film locali e altri internazionali e sono diventati i titoli più popolari per quanto concerne il pay-per-view della piattaforma di iQiYi”, ha dichiarato Gong Yu. Per capire il raggio d'azione, basta pensare che al recente appuntamento del Busan Film Festival in Corea, iQiYi ha firmato per 90 titoli da proiettare online. Ufficialmente l'intenzione è quella di combattere la pirateria: “Dal momento che iQiYi chiede 5 ¥ (0.65 €) agli spettatori Cinesi per guardare ogni nuova uscita online, che è lo stesso prezzo di un DVD pirata, se i film Americani potessero prontamente comparire online, gli utenti Cinesi preferirebbero la qualità della versione online al DVD pirata.” ha sottolineato Yang Xianghua, vice presidente del gruppo. Tuttavia è evidente la manovra commerciale impareggiabile che l'esclusiva di questi prodotti americani offrirebbe al sito.
D'altro canto però, ci sono una serie di produzione da Hollywood che ancora affrontano cautamente il mercato cinese: la censura, la quota di film stranieri ammessi e il coinvolgimento dello Stato nella fase distributiva, hanno fatto desistere in molti. È evidente che solo film con un determinato DNA vengono ammessi alla distribuzione in Cina. Allo stesso modo, la distribuzione di prodotti cinesi nel mercato internazionale non è così scontata: sono rari i film, almeno fino ad ora, che vantano una produzione interamente locale e che hanno poi raggiunto un successo riconosciuto all'estero. L'esempio de I fiori della guerra di Zhang Yimou: cast internazionale, una backstory dall'evidente interesse storico (il Massacro di Nanchino del 1937), ma una produzione a firma asiatica. Il film ha sfondato in patria (anche per il particolare interesse - nazionalistico - al tema), mentre negli USA non ha collezionato che miseri 300.000 $ al box office. Sembra pertanto che un film dai caratteri cinesi, necessiti comunque di un intervento produttivo estero per interessare il pubblico oltreoceano: meglio se questa copartecipazione arriva da entità con focus sull'Asia e ufficio in quel di Pechino.
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Ecco che forse il sistema adottato da LeVision Pictures per il prossimo di Zhang Yimou, The Great Wall, potrebbe meglio funzionare: regista cinese e storia dai tratti cinesi, girato però in inglese da una troupe interamente americana. La distribuzione avverrà in maniera congiunta tra Universal Pictures e China Film Group. L'investimento tuttavia si classifica tra gli “indipendenti” poiché il budget previsto si aggira sui 135 milioni di dollari. Potrebbe forse essere questo un precedente reale per consentire anche a film con budget meno pretenziosi di avere accesso al mercato asiatico?
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