In rappresentanza dell'Italia nella capitale della Cina, Matteo Oleotto e il suo "Zoran, il mio nipote scemo" sfida la competizione dei grandi al Beijing International Film Festival
Si apre questa sera, martedì 15 aprile, la quarta edizione del Beijing International Film Festival che avrà luogo fino al 23 aprile nella capitale cinese; un appuntamento questo che sta cercando di scalzare dal podio dei festival cinesi di punta il ben più conosciuto Shanghai International Film Festival (quest'anno alla sua 17esima edizione). Una impresa ardua, ma considerato l'enorme investimento economico e in strasse e paillettes che lo staff organizzativo ha prodigato, allargando anche i confini del parallelo Beijing Film Market, non sembra impossibile che Pechino diventi a breve la nuova sede del business cinematografico della Terra di Mezzo.
Mai come in questo momento infatti, la Cina è nell'occhio del ciclone dell'interesse delle più grandi Major e non solo, dell'industria dell'audiovisivo. Ecco quindi come la capacità attrattiva di un evento nella capitale del gigante asiatico, stia via via allettando sempre di più le parti coinvolte. Non bisogna d'altronde lasciarsi spaventare dagli incredibili numeri millantati dal festival stesso, che ama autoproclamarsi ma l'anno scorso ha deluso fino alle note di chiusura della cerimonia di premiazione. Per questa edizione si parla di qualcosa come 600 proiezioni...
Tutto questo non certo per scoraggiare l'unico rappresentante italiano in concorso per il massimo riconoscimento previsto dalla kermesse, il Tiantan Award; sto parlando del giovane Matteo Oleotto che dopo il suo scoppiettante esordio a Venezia ha evidentemente convinto anche la giuria di preselezione cinese che gli ha riservato un posto accanto a prodotti quali The Grandmaster di Wong Kar-Wai (e già questo basterebbe per spaventare anche Sorrentino), Ilo Ilo di Anthony Chen (vincitore a Cannes), ma pure Paul Haggis e Patrice Leconte. Sugli oltre 600 film ricevuti, la co-produzione italo-slovena l'ha scampata con grande onor di patria. Il programma internazionale prevede non solo la sezione in concorso Tiantan Award Competition, ma anche il Beijing Film Panorama e le nuove sezioni chiamate New Focus, Excellent Documentaries, Micro Films (proiettati online come sezioni parallele nei siti cinesi di Youku, Sohu e Iqiyi) e Forward Future dove Oleotto chiuderà la serie di proiezioni di opere prime.
Sebbene ancora la Francia rimanga il Paese che in Europa ha meglio e prima gestito la collaborazione con la Cina (ha addirittura un ufficio di rappresentanza della Film Commission nazionale a Pechino!), e di conseguenza adesso raccoglie i frutti di rapporti collaborativi finalizzati nel tempo e a dovere, il neonato accordo che l'ANICA ha elaborato per incentivare le coproduzioni sembra voler fare il suo esordio proprio col Beijing International Film Festival. Tra le verie sezioni troveranno posto infatti, e finalmente mi permetto di dire, alcuni giovani registi italiani per i quali è prevista una rassegna dedicata che permetterà loro di raggiungere le platee asiatiche del festival. I film in programma saranno: La mia classe di Daniele Gaglianone, Itaker di Toni Trupia, Pulce non c'è di Giuseppe Bonito, Song'e napule dei Manetti Bros, Scialla! di Francesco Bruni, La ragazza del lago di Andrea Molaioli.
Speriamo di poter considerare questo come il primo di una serie di appuntamenti e relazioni commerciali e distributive con la Cina, il quale pubblico è rimasto fino ad oggi inaccessibile per la più parte della cinematografia italiana giovane, sebbene ancora Fellini, De Sica e gli altri grandi, esercitino su questi spettatori un fascino indiscutibile che si riflette speranzoso anche sui prodotti contemporanei. Sarebbe un vero peccato perdere l'opportunità di favorire di questa fiducia ciecamente riposta nell'arte cinematografica del Bel Paese.
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