Aria bollente ed accesa quella respirata durante il keynote Speech “Come il cinema fa il mash-up della nostra testa” presieduto da Derrick De Kerckhove che ha introdotto il panel “Mashup, remix: nuovi linguaggi da nuove tecnologie”
Aria bollente ed accesa quella respirata durante il keynote Speech “Come il cinema fa il mash-up della nostra testa” presieduto da Derrick De Kerckhove che ha introdotto il panel “Mashup, remix: nuovi linguaggi da nuove tecnologie” a cui sono seguiti gli interventi delle coordinatrici artistiche Mariangela Matarozzo, Alessandra Lo Russo, il regista Danilo Torre e la moderatrice Sandra Lischi. Il dibattito si è tenuto presso il Cinema Arsenale di Pisa giorno venerdì 11 ottobre 2013.
L’Internet Festival 2013 quest’anno ha voluto fortemente incentrare il tema su quelle che sono le nuove tecnologie, le nuove sperimentazioni multimediali e soprattutto indagare quali effetti produce nell’uomo.
“Mashup come strategia per riordinare la nostra mente, una mente ormai frammentata perché il nostro nuovo mondo è frammentato”, spiega De Kerckhove, il quale afferma anche che oggi “siamo interessati allo storyfying perché abbiamo perso la storia”, intesa come filo conduttore lineare.
Parole forti, incisive che hanno acceso gli animi di numerosi spettatori in sala.
È realmente questo l’attuale mondo, il mondo degli internauti, dei nativi digitali i quali nascono già in una sfera frammentata che sempre più si allontana da quella lineare precedente… o si miscela ad essa? Molti sono stati i punti di analisi e di riflessione toccati nella sala durante l’incontro.
E se poi il mashup attuale, fatto di frame catturati dal web e miscelati mettendo a confronto, ad esempio, uno split di rapine, reali a destra e cinematografici a sinistra, opera del regista Danilo Torre, viene paragonato a La rabbia di Pasolini ecco che si scatena uno tsunami in sala. Parole delicate quanto decise e crude, di una ragazza del pubblico, muovono nuove considerazioni: “Come si può fare un tale paragone? Questa nuova tipologia di mashup non vede l’autore coinvolto e responsabile delle sue scelte, a differenza dell’opera di Pasolini in cui egli stesso, in prima fila, mostra senza paura il suo punto di vista, prendendosi così la responsabilità delle sue parole”. Per queste ragioni il confronto non viene né accettato né approvato, con l'effetto di scatenare il plauso gioioso e compiaciuto di due giornalisti dall’aria saccente, uno dei quali ha osservato, con orgoglio, che “l’uomo nuovo oggi non esiste. L’uomo nuovo è sempre più vecchio e tende a non guardare oltre”.
Riflessione interessante, che suscita una questione di rilevanza non trascurabile: esiste forse una sorta di fossilizzazione mentale che porta l’uomo a non reinventarsi? Secondo quel giornalista l’uomo nuovo è vecchio perché non guarda oltre, ma perché dire che il nuovo mashup digitale è privo di un reale significato?Non ci si sta forse includendo nella fossa degli uomini vecchi? L’uomo nuovo se non accetta i cambiamenti, i nuovi stili, nuovi modi di mashare, non può che diventare vecchio.
Siamo sicuri quindi che il nuovo-uomo sia davvero vecchio? O è vecchia e assente la capacità di accettare e apprezzare le nuove sperimentazioni, viste semplicemente come novità, senza per forza doverle paragonare a un capolavoro cinematografico o a un regista d’altri tempi? I tempi sono oggi continui, nuovi, diversi.
Un docente solleva, riguardo al nuovo linguaggio di comunicazione, un dilemma che lo mette in difficoltà: il rapportarsi, il comunicare con la nuova generazione. Come fare ad avvicinarsi a questo nuovo codice fatto di frammenti, frame? Che tipo di traduttore o codificatore trovare per linearizzarlo? O viceversa, come frammentare il suo linguaggio lineare per comunicare e dialogare con loro? Bisognerà magari inventarsi un nuovo aggeggio elettronico o magari un’app che in real time traduca i due linguaggi? E qui ritorniamo al discorso dell’uomo vecchio che non vuole o ha paura di accostarsi al nuovo. Difficile dirlo... Manca forse la curiosità, la voglia, il desiderio di stare al passo con le novità?
Di certo tutte queste qualità non sono mancate al geniale regista ungherese Gyorgy Pàlfi che ha creato un meraviglioso collage di oltre 500 film della storia del cinema, realizzando il suo Final Cut - Ladies and Gentlemen. Film nel film, frame slegati e magistralmente legati per formare un unico filo conduttore, una storia nelle storie. Per un viaggio nel tempo emozionante, divertente, ironico e molto romantico. Il tutto reso ancora più travolgente dalla scelta di colonne sonore perfette. Unica nota negativa, a nostro parere, i momenti forse un po’ troppo spinti che spezzavano il filo romantico e platonico della storia. Un collage estroso, che portava ognuno inizialmente al gioco dell'“Indovina che film è?” per poi abbandonarsi incosciamente a quel flusso di ricordi, momenti magici, note memorabili e poesia. Se Pàlfi fosse stato in sala avrebbe vinto di certo il premio per la pazienza: più di tre anni per montarlo! Ma forse è stato meglio per lui, lo avrebbe di certo perso subito dopo nel sentire, a fine proiezione, una tizia commentare così: “Beh niente di che, mi aspettavo di meglio!”.
Ecco un piccolo assaggio del film, anzi della frammentazione lineare, e lasciamo a ognuno di voi ogni personale commento, parere e opinione!
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