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Autore Camilla Maccaferri :: 29 Aprile 2015

Recensione di Le streghe son tornate di Álex de la Iglesia. Le fattucchiere femministe spaventano il maschio moderno

Álex de la Iglesia, si sa, è un tamarro indomito che non ha paura di farla fuori dal vasino pur di dare sfogo a tutte le bizze della sua contorta fantasia, e in questo stanno tutti i pregi e tutti i limiti del suo cinema.

Raramente capace di firmare un’opera solida, pur nel delirio, e più spesso  incline a lasciarsi prendere la mano, esagerando e stiracchiando i tempi, il regista spagnolo non riesce nell’intento di bissare il tragico e barocco risultato di Ballata dell’odio e dell’amore. Tuttavia per i fan anche questo Le streghe son tornate costituirà una ghiotta occasione di rientrare nel mondo parallelo e folle di de la Iglesia, dove il caos regna sovrano.

La sequenza d’apertura è da antologia: travestiti da artisti di strada, impersonatori di personaggi pop, un gruppo di disperati tenta una rapina d’assalto a uno sfigatissimo “Compro oro”. Segue sparatoria caotica tra un Gesù Cristo argentato con tanto di pesante croce, Spongebob, un soldato pitturato di verde, Minnie, Topolino e un uomo invisibile contro le forze dell’ordine: gli ingredienti per il divertimento sguaiato e gore sembrano assicurati. Lo sviluppo però, purtroppo, non è all’altezza delle chiassose premesse: ben presto la narrazione si perde in una sarabanda di eventi poco coesi, privilegiando il bailamme e lasciando la trama sfilacciarsi sempre più.

Lo spunto promette bene: un padre separato con figlioletto appresso, un playboy squattrinato e un tassista afflitto da problemi coniugali decidono di fuggire in Francia con il frutto della loro rapina, ma incappano in un oscuro villaggio che sembra abitato per lo più  da inquietanti figure femminili. Durante la fuga, il padre è tormentato da continue e piccate telefonate dell’ex moglie che, preoccupata per le sorti del bambino, decide di mettersi sulle loro tracce.

De la Iglesia mostra confidenza e talento nel costruire, oltre alle scene d’azione iniziale, anche le plumbee e laide ambientazioni del villaggio, dove si aggirano fenomeni da baraccone come l’orribile personaggio interpretato da Enrique Villén Cruz (un caratterista spesso presente nei film del regista spagnolo), che assecondano il gusto per il grottesco dell’autore. Riflessioni sociali, post-femministe e di gender, sotto forma di battute salaci, accompagnano il viaggio notturno dei protagonisti alleggerendo il tono, ma quando diventano dominanti rispetto al tracciato horror finiscono per prendere il sopravvento banalizzando l’insieme. Il calo di ritmo è il problema principale della seconda parte del film, che finisce in farsa coadiuvata da effetti speciali di discutibile qualità.

Rimane comunque un divertissement piuttosto piacevole, con ispirate interpretazioni di Carmen Maura e Terele Pávez, mentre affascinante, ma meno efficace è la musa del regista Carolina Bang. Splendidi i titoli di testa che propongono una carrellata di donne terribili della storia, tra cui la cancelliera tedesca Angela Merkel.

[Leggi anche: In arrivo in Italia "Le streghe son tornate" di Álex de la Iglesia]

Molto gradito in patria, dove ha vinto otto prestigiosi premi Goya, è un buon risultato per la distribuzione italiana portarlo in sala, seppur in ritardo, dopo la scandalosa attesa per Ballata dell’odio e dell’amore, Leone d’Argento a Venezia 2010. 

Trailer di Le streghe son tornate

Voto della redazione: 

3

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