L'opera firmata da Andrei Tarkovsky, il fantascientifico "Solaris" del 1972, è tratto dall’omonimo romanzo di Stanislaw Lem e presenta elementi naturali ed artificiali, disseminati all'interno dell'inquadratura, carichi di simbolismi
Analizziamo più da vicino un’opera firmata da Andrei Tarkovsky, il fantascientifico Solaris del 1972. Tratto dall’omonimo romanzo del 1961 scritto dall’autore polacco Stanislaw Lem, il lungometraggio è stato presentato in concorso alla 25ª edizione del Festival di Cannes, dove ha vinto il Gran Prix Speciale della Giuria.
Totalmente differente dalla narrazione standard dei lungometraggi hollywoodiani, Solaris si presenta come un universo cinematico chiuso in se stesso, un esempio che può rimandare solo a un percorso visionario molto lontano dai soliti schemi che riguardano personaggi, ambienti e storie nei film. Tarkovsky mira soprattutto a costruire un universo estremamente simbolico, laddove nella scena fisica, si manifestano all'improvviso elementi metafisici: si tratta in molti casi di un vero e proprio linguaggio poetico (un "fare film" molto sperimentale), dove ogni singolo dettaglio relativo alla visione assume un pieno significato dell’immagine tout court.
Uno dei principi su cui si basa il lavoro di Tarkovsky è la necessità di seminare motivi visivi all’interno dell’inquadratura che si ripetono continuamente. Il regista riesce nell’intento enfatizzando alcuni elementi che sembrano non essere legati alla storia narrata. Elementi tesi ad esprimere metafore recondite sono ad esempio le foglie che scorrono sul manto del fiume oppure i fili d’erba che si aggrovigliano bagnati dalle acque dello stesso fiume, entrambi appartenenti al mondo naturale. Possono essere presi ad esempio però anche elementi artificiali, oggetti progettati dall’uomo, come una semplice tazzina o il più "complesso" specchio.
In un secondo momento Tarkovsky lascia che le scene evolvano, permettendo allo spettatore di riflettere sul significato simbolico e metafisico proprio delle immagini che gli scorrono davanti agli occhi.
Una delle ossessioni visive di Tarkovsky, che prende il sopravvento in molte pellicole dell’autore, è l’uso dell’elemento acqua, che ritroviamo preponderante anche in Solaris.
Nel corso degli anni altri autori del mondo del cinema hanno cercato di attingere dall’unicità del film di Tarkovsky, un esempio è sicuramente il tentativo eseguito da Steven Soderbergh che, nel 2002, ha girato un remake omonimo scegliendo come protagonista George Clooney. Soderbergh ha forse centrato in parte l'obiettivo, con un'opera che comunica quasi lo stesso spaesamento, ma si ha la sensazione che l'opera originale sia un capolavoro non replicabile.
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