Ritratto di Pierre Hombrebueno
Autore Pierre Hombrebueno :: 11 Settembre 2015

Dal direttore artistico Alberto Barbera al cineasta iraniano Mohsen Makhmalbaf, il Festival di Venezia 2015 si unisce alle proteste contro l'arresto del regista ucraino Oleg Sentsov, accusato di terrorismo e condannato a vent'anni dalla corte russa

Oleg Sentsov

È di vent’anni di reclusione la condanna del governo russo a Oleg Sentsov, giovane regista ukraino responsabile di opere come Gàmer e The Horn of a Bull. Il cineasta fu fermato dalla polizia nel maggio dello scorso anno, mentre protestava contro l’annessione della Crimea alla Russia. Da allora, diverse sono le personalità del mondo cinematografico ad essersi mobilitate in suo favore, da Pedro Almodovar a Mike Leigh, passando per Nikita Michalkov. Ad unirsi al gruppo, adesso, è anche il Festival di Venezia, a iniziare ovviamente da Alberto Barbera.

Ha dichiarato il direttore artistico della Mostra: “Per un cineasta, la sceneggiatura peggiore è non poter scrivere. Privare della libertà d'espressione e delle idee è inaccettabile, specie se il pretesto sono fatti gravi e non veritieri. Da Venezia sale il sostegno per chi si batte per difendere la libertà”.

Parole di disapprovazione anche da Mohsen Makhmalbaf, qui al lido per ritirare il premio Bresson: “Tanti registi, attivisti e politici hanno già aggiunto le proprie voci alla protesta contro questo processo politico, ma ciò non ha impedito alla corte russa di emettere un’oltraggiosa sentenza. Quindi, una nuova campagna è necessaria (...). Oleg Sentsov dovrebbe fare nuovi film, e non contare gli anni in prigione”.

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Insomma, trattasi di una questione delicata e drammatica che vede ancora una volta schierata la comunità “artistica” globale. Conclude Alexey Medvedev, direttore del Festival di Sakhalin: “Qualsiasi cosa possiate pensare sull’annessione della Crimea, bisogna però ammettere che tante leggi internazionali siano state violate da questo atto. In questa situazione, la volontà dei cittadini ucraini (e non) di protestare è comprensibile e pienamente giustificata. Accusare questi giovani di terrorismo, torturarli e buttarli in prigione, è l’azione più cinica e ingiusta che potesse fare il regime di Putin”.

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