Recensione di Ritorno al Marigold Hotel | Sequel inutile e annacquato
Recensione di Ritorno al Marigold Hotel di John Madden con Judi Dench e Richard Gere: Un sequel inutile, sconclusionato e annacquato, tra un'India stereotipata e i piccoli problemi di cuore della terza età
Tra tutti i sequel potenziali/immaginabili/intuibili, quello di Marigold Hotel è sicuramente il più imprevisto. Non soltanto per il fatto che la commedia capostipite, storia di un gruppo di anziani che ritrovano la joie de vivre in un albergo indiano, non è esattamente quello che ci si immagina come il primo capitolo di una "saga", ma anche perché la vicenda risultava conclusa, tutte le linee narrative si erano chiuse; e diciamo pure che non ci trovavamo esattamente di fronte a una pellicola impeccabile. A fronte di un’ideuzza graziosa, c’era un film annacquato, con una rappresentazione etnologica stereotipata e irritante, e personaggi ritagliati nel campo ristretto del proprio ruolo funzionale.
[Leggi anche: Judi Dench, Christophe Waltz e Zach Galifianakis in Tulip Fever]
Insomma, se il primo era dimenticabile e francamente inutile, cosa aspettarci da Ritorno a Marigold Hotel? Al massimo, un piccolo miglioramento. Ma John Madden (anonimo fin dall’alba dei tempi, da Shakespeare in Love a Il debito) scarica nelle sale un'operetta esile e evanescente, che replica imperterrita i medesimi difetti (il folklore che torna a palesarsi nei balletti e nelle incomprensioni linguistiche, le figurine macchiettistiche), incapace di valorizzare i suoi attori (e dire che il cast è da leccarsi i baffi: Judi Dench, Maggie Smith, Bill Nighy, Richard Gere). E che è, soprattutto, impantanato in una sceneggiatura che sembra abbozzata, sconclusionata e incongruente nello sviluppo, tutta barcollante su due ore di preparazione di un matrimonio, intorno al quale girano i piccoli problemi di cuore soap-operistici degli anziani clienti del Marigold.
[Leggi anche: Richard Gere e la lezione zen al Giffoni Film Festival]
Tradimenti, palpiti adolescenziali, triangoli, equivoci, divorzi: e poco altro da depennare. Si salva soltanto – di nuovo – l’acida e disincantata Maggie Smith, che però rifà se stessa, quella non solo del primo film, ma pure l'altra di Downton Abbey. Così come Dev Patel ricicla la sua maschera esagitata e imbranata di The Millionaire e Humandroid. E c’è pure il balletto finale, come in un brutto cartone animato.
Voto della redazione:
Altri articoli che possono interessarti
Per condividere o scaricare questo video: TV Animalista
Facebook Comments Box