Recensione di Giovani si diventa di Noah Baumbach con Ben Stiller, Adam Driver, Naomi Watts, Amanda Seyfried: il tempo presente sopra ogni cosa, tra fascinazione e disillusione
Ben Stiller e Naomi Watts vs Adam Driver e Amanda Seyfried: Giovani si diventa di Noah Baumbach è un film di coppie e di generazioni, ma prima di tutto di percezione del presente.
While we’re young (questo il titolo originale) riesce a raccontare il (e non "un") ricambio generazionale in modo oculato: chi del “vecchio” chi del “nuovo”, i personaggi si distendono lungo le dinamiche ammorbidendo i punti di rottura, e ci ritroviamo con entrambi questi mondi appartenenti al tempo attuale in un equilibrio solitamente assente in questo tipo di commedia, ora privo di pretestuosità e di velleità comiche isolanti.
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Mai ombelicale – a differenza ad esempio di Jude Apatow (Molto incinta, Questi sono i 40) – il regista de Lo stravagante mondo di Greenberg riesce a trasmettere la sensazione di sapere bene di cosa stia parlando ed il suo si fa gioco serissimo, mai del tutto gag e mai drasticamente dramma. Non c’è uno schierarsi assoluto, non ci sono diffidenza e snobismo: per i quarantenni come per i venticinquenni è il 2014 e con un’ironia non gratuita o ammiccante, questa sincronicità ci fa godere tanto della fascinazione quanto della delusione provate da Stiller e dalla Watts ed ogni scena riesce a brillare come un'esplorazione di tutto ciò.
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I protagonisti di Giovani si diventa appartengono tutti al mondo dei documentari e ciò rende la percezione del presente necessaria quanto amplificata: la minacciosità del cambiamento fluisce tra gli eventi e si stempera nel loro percorso. Ci ritroviamo, tra un colpo cinefilo e uno sociale, tra uno culturale e uno prettamente biologico, alla chiamata di una reazione, di una presa di coscienza. Non ci sono sentimentalismi, non c’è nostalgia: anche chi viene poi a galla come un villain viene subito liberato da questa etichetta e la rappresentazione delle differenze continua a venire vivificata e purificata. Il regista riesce a mettere a frutto sia malinconia che acume sfumandoli in una continua sensazione di scoperta in cui "contrasto" diventa sinonimo di "vivere" e dove "nuova generazione" non è "degenerazione".
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Questa tipologia ben chiara di persone non viene nominata se non emblematicamente nel finale, giusto un attimo prima di uno sguardo verso quella ancora successiva: Baumbach ci fa scorgere il tempo collettivo per quello che è, e come in altre sue pellicole precedenti (Il matrimonio di mia sorella, Frances Ha) i personaggi compiono il loro percorso verso l’accettazione del mondo e, qui soprattutto, verso il suo mutare.
Analitico e curioso, composto ed ordinato, realista e colorato, Giovani si diventa è sia selfie che Polaroid e non si accontenta del vecchio compito del dare uno spaccato generazionale, ma ne prende due (se non tre) e le radiografa il più possibile.
Voto della redazione:
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