Recensione di Ted 2 di Seth MacFarlane con Mark Wahlberg e Amanda Seyfried: il creatore de I Griffin non riesce a ripetere la prova del primo film sull'orsetto sempre fatto e fuori controllo, mentre aumentano le gag ma sparisce l'alchimia
Con Ted 2 ritornano l’orsacchiotto sboccato e drogato di Seth MacFarlane e Mark Walherg: ritroviamo lo stesso spirito dell’originale, ma minato da tutte le nefandezze tipiche dei sequel.
L’autore abbandona il colabrodo dei tentativi alla Mel Brooks del recente Un milione di modi per morire nel West e cerca di recuperare i toni del primo film, ma non riesce a svincolarsi del tutto da certe sue cifre ben consolidate, su tutte un certo griffinismo invadente: questo, pronto a tappare qualsiasi buco, non riesce purtroppo a nascondere in questo film carenze d’altro tipo.
Dissacrante ed insieme classico, il primo Ted riusciva a smarcarsi quasi del tutto dagli pseudoautomatismi comici della più nota creazione di MacFarlane, andando a comporre un film completo ed autonomo. Questo sequel presenta invece tutti i difetti del caso: i personaggi continuano ad esserci, le situazioni no. Se il pretesto (Ted che vuole essere riconosciuto come essere senziente e non come merce agli occhi della legge) si addice perfettamente come prosieguo, sono i momenti comici ad andare alla rinfusa, privi di quella dinamica buddy che costituiva la forza del precedente episodio e lanciati in un patchwork quasi senza senno.
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Non bastano la causa legale e l’introduzione del personaggio di Amanda Seyfried a fare da collante: tra un ritorno quasi disgraziato del Donny di Giovanni Ribisi e un product placement forzatissimo e raggelante della Hasbro (verrebbe da dire che Mark Walhberg stesso, protagonista di Transformers 4 - L'era dell'estinzione, ne faccia parte), troppe gag sono innestate allo stesso modo in cui avviene in Family Guy (la scena del cabaret, il tormentone “Black cocks” su Google, il lancio di mele ai jogger). La sensazione/voglia di vedere o rivedere un episodio cresce soprattutto quando ci si ritrova davanti ad arringhe meno funzionanti che nella serie animata ed inferiori al livello medio del film stesso, incidenti con lo sperma, incidenti stradali pacchiani e siparetti citazionisti gratuiti; il tutto come un'interferenza o un blocco rispetto al potenziale della coppia (e talvolta del trio). La necessità di un villain e le scene finali al Comic-Con di New York fanno poi il danno maggiore: sciatte, superflue e frettolose tanto da ricordare Scemo & + scemo 2.
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Tutto ciò a cui MacFarlane ci ha abituato è presente (nel bene e nel male, nel gusto e nel disgusto), e il personaggio di Ted non ha perso praticamente nulla di ciò che lo caratterizzava nella pellicola precedente. È il film a non riuscire a dare sfogo e posizione alle idee, mentre deve fare i conti con un plot del tutto inadeguato a quasi due ore di visione e con un autore che troppo spesso si rovina con le sue stesse mani, sia con l'irriverenza (che si tramuta in semplice rumore) che col classicismo (che diventa morale a buon mercato) nel momento in cui non riesce più a guardare dentro ai suoi personaggi.
Voto della redazione:
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