Recensione di Doctor Strange | Un mago tra i supereroi
Recensione di Doctor Strange: Benedict Cumberbatch veste i panni dello Stregone Supremo Marvel nell'entusiasmante cinecomic diretto da Scott Derrickson
Era atteso. Anzi, era attesissimo. Probabilmente si tratta del cinecomic che i fan Marvel e non erano più impazienti di vedere, sia perché Doctor Strange avrebbe introdotto nell'Universo Cinematografico Marvel la tanto decantata magia e tutto ciò che ne sarebbe conseguito (parliamo di Multiverso e tanti personaggi e villain storici della Casa delle Idee), ma soprattutto anche grazie alla smania di vedere finalmente l'incarnazione dello Stregone Supremo interpretato dal beneamato Benedict Cumberbatch, l'uomo dalla faccia d'angelo, dal fascino british e di enorme acume e talento.
Le promesse erano queste: regalare al pubblico un'esperienza visiva sinestetica e psichedelica con un film d'origini. Le basi c'erano poi tutte: il fantastico materiale lasciato dal grande Steve Ditko, un regista con un bel colpo d'occhio come Scott Derrickson e sì, un cast eccezionale che vede tra i protagonisti anche Rachel McAdams, Mads Mikkelsen e Tilda Swinton. Ditko fatto (perdonate il gioco di parole), il film era già bello che servito, ma in definitiva, dopo tanto hype, lo studio sarà riuscito a rispettare le aspettative di tutti? Beh, sì e no, dipende ovviamente dall'approccio all'ormai rodatissima Formula Marvel e dalle variazioni e deviazioni che ognuno, nel suo piccolo, sperava di vedere.
Doctor Strange è un grandissimo film d'origini, al pari del primo Iron Man e di Ant-Man: genuino, visivamente superbo, virtuosissimo e divagante dall'accumulo supereroistico odierno. Dimostra tutto il suo potenziale già dalla scena d'apertura, che subito ci catapulta nel mondo della Magia, un universo ancora inesplorato che lascia da parte tecnologia e fantascienza per introdurre una componente spirituale e di stampo orientale. La filosofia che c'è dietro - applicata inoltre al classico scontro bene e male e alle contraddizioni a esso collegate - è di ottima fattura, anche se minimale e dal sapore di già visto. Si parla di chakra, conoscenza di sé stessi, connessione anima-corpo, meditazione e quant'altro, ma ovviamente tutto per deviare prepotentemente verso la padronanza degli incantesimi, saperi millenari utilizzabili solo da chi, ormai spezzato, decide di riconciliarsi con il proprio Io, elevando il sapere terreno a qualcosa di più grande e soprattutto utile.
Idee difficili da concepire, almeno inizialmente, per un uomo come Strange, così interessato solo a sé stesso, alla visibilità e al successo. Un neurochirurgo geniale ma troppo legato all'opportunità senza pensare ai valori essenziali della vita, con un approccio aristotelico, pratico, reale. Potete benissimo immaginare lo shock del buon Dottore nell'apprendere che la sua realtà sia semplicemente una delle tante, magari l'ultima di molte altre simili. Un minuscolo e insignificante granello di sabbia che guarda immobile un mare di dimensioni differenti. "Insegnami", chiede così all'Antico, maestra Suprema e guida per Strange interpretata splendidamente da Tilda Swinton. "No", risponde lei. E da qui comincerà il percorso del protagonista, la sua crescita e la sua lotta contro le forze del male che minacciano il multiverso.
Questa la trama esile e molto classica, sorretta però interamente dalle grandiose scene d'azione e dalle performance di Cumberbatch e della Swinton, davvero incredibili nei ruoli. Per quanto riguarda le sequenze action, nonostante una strizzatina d'occhio a Inception subito nascosta dall'uso massiccio di CGI ed effetti speciali, Doctor Strange è un'opera seminale nel genere, capace di trasportare il pubblico in combattimenti entusiasmanti immersi in un groviglio allucinante di sovrapposizioni e distorsioni delle realtà. Giochi visivi che lasciano senza fiato (specie in 3D) e rendono ogni scazzottata e ogni incantesimo assolutamente imparagonabili a ogni altro cinecomic visto fino ad oggi. C'è da aggiungere poi che in mancanza di una componente psicologica/filosofica accattivante, il villain di Mikkelsen è uno tra i più fisici e tosti del MCU, il che da una parte sfonda già la porta aperta della poca profondità del nemici dello studio, ma dall'altra ci regala una piccola nemesi che sicuramente troneggia su esponenti villici quali Crossbones, Calabrone o Ronan.
La nuova opera Marvel è in definitiva un esperimento riuscitissimo, da considerarsi più un'esperienza action di forte innovazione nel genere cinecomcic piuttosto che essere un film impeccabile, vedi anche sporadici buchi di trama. Una produzione, in sintesi, che fa della sua estetica il proprio punto di forza estatico, addentrandosi nei meandri dell'impossibile per regalarci due ore di magia senza precedenti, ai limiti dell'ipertrofia schizofrenica cinematografica.
Voto della redazione:
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