Il regista di "American Sniper", appena proiettato a Beverly Hills, dice la sua sull'intervento degli USA in Iraq e in Afghanistan, esprimendo dubbi e riserve: Eastwood racconta una vita a braccetto con la guerra, tra Pearl Harbor, Corea e Vietnam
Clint Eastwood ha deciso, inaspettatamente, di lasciarsi andare a una serie di riflessioni sulla guerra in Iraq e in Afghanistan che gli Stati Uniti hanno intrapreso in questi ultimi anni: "Ero contrario alla guerra in Iraq da quando mi resi conto che probabilmente sarebbe stato un passo falso in qualche maniera", così ha esordito il regista allo screening del suo nuovo film, American Sniper, di sabato presso l'Academy of Motion Picture Artists and Sciences' Goldwyn Theater di Beverly Hills.
"Avevo una grossa domanda quando andammo in Afghanistan: Qualcuno aveva mai studiato la storia di quel paese, non solo con gli inglesi, ma con i russi? C'era un generale russo di nome Vivikov che è stato in azione per dieci anni laggiù e mi sono chiesto se qualcuno lo sapesse. Così ho chiamato un mio amico che era stato sul posto per molti anni e che conosceva questo generale. Così ho chiesto se qualcuno del nostro governo fosse mai andato a fare delle ricerche lì come si fa prima di girare un film, e la risposta è stata negativa. Ora Vivikov è morto, ma a quel tempo mi sono interrogato sul perché nessuno con un minimo di senso logico avesse mai pensato di andare a interpellarlo per chiedergli cosa aveva fatto in Afghanistan, cosa aveva sbagliato e cosa stavamo sbagliando noi".
[Leggi anche: American Sniper di Clint Eastwood: storia di un cecchino USA]
Il film racconta la storia vera di Chris Kyle, interpretato da Bradley Cooper, leggenda dei Navy Seals perché passato alla storia come il cecchino più prolifico della guerra americana in Iraq. Il fatto che Kyle sia stato ucciso paradossalmente in un poligono di tiro ha creato già polemiche circa l'intenzione di Eastwood, quasi un monito nei confronti della guerra, tradizionalmente un tasto dolente per l'intera comunità statunitense. Ma altri sostengono, di contro, che la mossa sia un tentativo di glorificare la campagna irachena degli USA dell'amico Goerge W. Bush.
Il regista ha ricordato come la guerra abbia scandito la sua vita. Durante la Seconda Guerra Mondiale aveva 11 anni e dopo Pearl Harbor si respirava un'aria di patriottismo totale e sembrava che quella guerra sarebbe stata la fine di tutte le guerre. Qualche anno dopo stava all'ufficio di leva e la guerra del momento era quella di Corea ed è lì che Eastwood si è chiesto che cosa stesse succedendo. E poco dopo è stato il momento del Vietnam. Quello che resta, insomma, è un grande punto interrogativo.
Nonostante la violenza dei suoi film e dei suoi stessi personaggi - basti pensare all'Ispettore Callaghan o al suo ruolo in Gli spietati - Clint Eastwood afferma di aborrire senza eccezioni qualsiasi tipo di violenza.
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