Il protagonista di una serie cult come "Gomorra", Marco Palvetti, ci ha parlato ampiamente del suo rapporto con il personaggio di Salvatore Conte, in un’intervista rilasciata al Giffoni Film Festival, di cui è stato l’ultimo ospite
Il Giffoni Film Festival ha dimostrato quest’anno una particolare attenzione per i fenomeni mediatici del momento. Uno di questi è sicuramente Gomorra la serie, come dimostra l’apertura del festival con Marco D’Amore e Salvatore Esposito e la chiusura con Marco Palvetti. Abbiamo intervistato quest’ultimo, che nella serie interpreta il temutissimo boss Salvatore Conte, dopo aver calcato per ultimo il Blue Carpet della Cittadella del Cinema di Giffoni. L’attore napoletano ha soli 26 anni ma ne dimostra di più come si evince dalla maturità con la quale ha affrontato un personaggio di una tale complessità e dal suo tono di voce pacato, ma deciso.
Come si sono svolti i casting per il ruolo di Salvatore Conte? Perché pensi di essere stato scelto?
Ho fatto quattro provini. Per il primo mi sono solamente ripreso da solo con una telecamerina. Ho inviato loro il video e poi mi hanno richiamato per fare il provino vero e proprio. La cosa che mi faceva paura era che ogni volta che passavo alla fase successiva invece di diminuire mi sembrava che i candidati aumentassero. Alla fine penso di essere stato scelto per la mia voglia di esprimere quel mondo.
Cosa ti ha colpito di più di questo personaggio, quando hai letto la sceneggiatura?
Mi sono innamorato di lui perché mi dava la possibilità di esprimere moltissimi aspetti. È raro trovare una sceneggiatura che presenti fin dall’inizio degli aspetti così contrastanti di un personaggio a partire dalla sua religiosità e la sua ferocia. Rivedendolo l’ho odiato. Mi sono detto: “Salvatore ti ho dato la vita ma io quella vita non vorrei mai viverla”.
Gomorra la serie è stata accompagnata da una serie di polemiche. Ricordiamo le scritte “Scampiamoci da Saviano”. Quando se stai scelto per il ruolo di Salvatore Conte, hai avuto paura di essere additato dai tuoi conterranei?
All’inizio sì, però quando non avevo ancora coscienza della grandiosità del progetto. Col senno di poi non ho paura del loro giudizio.
Negli ultimi giorni "Il Fatto Quotidiano" ha dedicato diverse pagine alla presunta estorsione subita da Cattleya per girare le scene all’interno della casa del boss a Torre Annunziata. Cosa ne pensi?
Non posso rispondere a questa domanda. Non saprei cosa dire, sbaglierei.
Marco d’Amore ha detto di aver fatto un viaggio con il suo Ciro, restando affascinato dall’intensità dei sentimenti che prova. Tu come ti sei confrontato con l’umanità del tuo personaggio?
L’umanità di Conte sta nella sua curiosità di capire come si evolverà la situazione. Quella curiosità portata allo stremo diventerà perversione. L’umanità si intravede quando da attore riesco a mostrare il bianco e il nero del personaggio. L'abilità sta anche nel mescolare sul filo del rasoio coscienza e incoscienza stando attento a non cadere.
Che cosa ne pensi delle dichiarazioni del presidente della Rai che ha detto di non volere sulla sue rete degli eroi negativi come quelli proposti da Gomorra o Romanzo Criminale?
Partendo dal presupposto che negativo o positivo non significano niente, Gomorra ha il pregio di mostrare il male alle persone. Non si può fare sempre finta che vada tutto bene perché non va bene niente.
Hai paura di rimanere impantanato nel personaggio di Conte e che le produzioni continuino a proporti sempre lo stesso ruolo?
Non ho paura perché io amo questo lavoro e sono troppo più forte di questo preconcetto. Questa situazione è frutto dell’ignoranza ed è accettata dagli attori che vogliono guadagnare tempo. Io voglio essere attore e per questo ho voglia di esprimermi attraverso tutti i mezzi di comunicazione. Non mi interessano le distinzioni tra cinema, televisione e teatro. Farei anche la radio o il doppiatore!
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