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Autore Alessandro Tavola :: 20 Agosto 2014
Locandina di Liberaci dal male

Recensione di Liberaci dal male di Scott Derrickson: il regista di Sinister amplifica la propria visione tingendola di poliziesco e rende Eric Bana un (non) eroe perfetto per accompagnarci

Liberaci dal male di Scott Derrickson arriva come una piacevole sorpresa, inaspettato, tanto nella filmografia del regista che in quella (abbastanza scarsa) di Eric Bana, sia in questa programmazione estiva.
Spesso capita che registi (soprattutto) di genere vengano presi e strattonati verso i piani alti di un palazzo da qualche produttore a suon di «Rifallo, con più soldi e più semplice». È l’infinito meccanismo di sequel e remake e fotocopie e filoni, che il più delle volte fallisce e smacca, con le sue lievitazioni di budget ed elementi in ballo e null’altro. Ma quando un autore riesce ad imporre le proprie tematiche e i propri mood, porta, al di là dei limiti intrinseci, declinazioni e rivisitazioni invitanti (come con José Padilha, che nel passare dai Tropa de Elite al remake di Robocop è riuscito a non tradirsi troppo e a continuare un discorso).
Infatti, Liberaci dal male potrebbe apparire come una versione amplificata e riarrangiata in grande del precedente Sinister (sia come ricchezza di avvenimenti che come budget: si è passati da tre a trenta milioni di dollari), presentando gli stessi meccanismi e le stesse tematiche. Porte demoniache che prima erano filmini in super 8 e che ora sono delle scritte sui muri, il ripetersi circolare dell'operare del maligno, i bambini al centro di tutto; concezioni essenziali ed immortali, ma che sarebbero ben poco senza la mano ferma da cecchino di Derrickson.
Cinema infestato ed infestante, il suo, adesso aperto a nuove addizioni narrative, dove tutto scorre verso l’orrore attraverso immagini secche e mai divaganti, meccaniche quasi sempre impeccabili e un tono mai vanesio, sempre stretto attorno alla propria maledizione. Se Sinister era un horror puro al cento per cento ed uno dei migliori film della scorsa stagione, Deliver Us from Evil (questo il titolo originale) si apre al giallo e al poliziesco, e riesce ad innescare una concatenazione di generi senza che questi si calpestino, si annullino o si ridicolizzino a vicenda. Così abbiamo l’indagine indizio per indizio ed entità iconiche, leggende e carnalità, Iraq e demoni, riflessione (mai eccessivamente didascalica) ed azione urbana, cacce all’uomo ed esorcismi. Il regista sa cosa sta facendo, usa la macchina da presa come un’arma e mai come uno schiacciapatate, e tutto è concordante così che inseguimenti, visioni e il diavolo possano coesistere ed apparire nello stesso mondo. Proliferano le voci in gioco e tutto è alleggerito rispetto alla pellicola del 2012, ma anche quelli che potrebbero sembrare simbolismi improvvisati (i gatti, i The Doors, i visi simil-Joker, l’infanticidio) trovano il loro posto in questa struttura di ordinata oscurità, lucida e classica al contempo e senza ruggine, priva di una reale escalation ma perpetuamente arrovellata e crudele, senza che la morale rovini tutto o che anche solo un elemento venga semplicemente "buttato lì" in pasto agli elenchi o affetto dai cliché tipici: niente vena tamarra alla Nicolas Cage o semplicemente testosteronica, ed anche gli sprazzi comici (che non cessano mai) non sembrano applicati a casaccio come adesivi come il più delle volte accade. Lontano ed intoccabile modello: Seven, con elementi sovrannaturali.
Non mancano ritriti drammi familiari, storie di redenzione esagitate e una cornice dolciastra che ne permetta l’accettabilità da parte di più pubblico possibile, come non manca la faccia sempre compunta e da ramanzina di Eric Bana, (non) eroe quanto basta, solo in mezzo a comprimari semplicemente adatti. Ma Derrickson riesce ad annerire anche le banalità inevitabili e a far sì che la tensione non perda un singolo istante e che gli abissi neri - urbani, della religione, della guerra - possano imporsi.

Trailer di Liberaci dal male

Voto della redazione: 

3

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