Recensione di Nymphomaniac Vol. 1 e 2 | La versione integrale del capolavoro di Lars von Trier Fuori concorso a Venezia 71
Recensione di Nymphomaniac Vol. 1 e 2: La versione integrale del potentissimo capolavoro di Lars von Trier Fuori concorso a Venezia 71. In più ci sono una sequenza shock di aborto, approfondimenti di personaggi e varie penetrazioni qua e là
Su Nymphomaniac Vol. 1 e 2 e sulla vi(t)a crucis di Joe/Charlotte Gainsbourg, che precipita negli inferi e ritorno del sesso e della depressione, si è ormai detto tutto e il contrario di tutto. Ma, come dimostra la versione integrale presentata Fuori concorso alla 71esima Mostra del Cinema di Venezia, il film monstre e immenso di von Trier ha ancora (e sempre avrà) moltissimo da dire.
Dopo una conferenza stampa in cui l’unico membro “superstite” del cast presente, il grande Stellan Skarsgård (ma si sono poi aggiunte alle proiezioni la Gainsbourg e Uma Thurman) ha trasmesso telefonicamente le domande dei giornalisti a Lars, fantasmaticamente in collegamento video, la Long version si è dimostrata esperienza totale e immersiva, titolo capace – come i precedenti dell'autore e forse, a tratti, pure di più – di andare oltre. Ad andare oltre è la durata, che sfida la capacità di resistenza spettatoriale, messa di fronte a un’odissea di autodistruzione e rinascita mai vista e inaudita. Va oltre von Trier, che, in barba a polemiche e reticenze, non teme niente e nessuno, con un coraggio sovrumano e magnificamente pazzo. Va oltre la Gainsbourg, in un’interpretazione impressionante e impensabile, senza precedenti e senza ritorno. Va oltre Joe, che indossa la sua diversità con ardore, che sperimenta il sesso da bambina come curiosità, da adolescente come gioco, da ragazza come piacere e da donna come ossessione, ricerca, disperazione; che è "ninfomane e fiera", che esige di brandire tale orgoglio pur nella sofferenza dell’essere un'outsider del mondo, che reclama il diritto di essere se stessa senza etichette, di vivere a pieno quell’oscenità uniformemente ritenuta tale, oltre i ruoli precostituiti, oltre la morale comune, oltre le credenze, la religione, attraverso la scienza, la filosofia, dentro la natura.
In quanto alla Director’s Cut, ebbene l’ora e mezza in più a cui abbiamo avuto il privilegio di assistere in Laguna consiste dell’estensione di alcuni dialoghi tra Joe e Seligman, dell'approfondimento del rapporto tra Joe e Jerôme e tra Joe e K, svariati flash hard, un riferimento a Hitler (è proprio fissato!), la bellissima scena dell’albero dell’anima del padre di Joe, e una digressione di Seligman sul diamante, che dà il là al settimo capitolo e permette a Lars un’incursione burlona “meta” col riflesso nello specchio dell’apparecchiatura filmica.
Ma il taglio più eclatante è nel Vol. 2 (il più rimaneggiato): una lunga e importante parentesi all'interno del percorso di Joe, ovvero quando la donna, ormai consapevole di non poter essere madre, si vede negare l’aborto in ospedale e decide di praticarselo da sola. Von Trier ci mostra l'operazione nel dettaglio, clinicamente, nella scena in assoluto più visivamente e psico-fisicamente violenta di tutta l’opera: ed è davvero emblematico che, in un film dichiarato “scandaloso” e “controverso” (bla, bla, bla) per i contenuti osé, sia proprio questa sequenza ad essere stata totalmente radiata dalla narrazione, perché avrebbe probabilmente suscitato più clamore di tutte le scene porno messe insieme.
Con l'aggiunta dei tasselli mancanti, maggior completezza e ulteriore importanza acquisisce il lavoro di von Trier; una visione, quella integrale e fluviale, che chiunque, amante o odiatore del Larsone, dovrebbe potersi concedere almeno una volta. Come prima e più di prima, Joe siamo tutti noi.
Voto della redazione:
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