Melodrammatico, cattolicissimo, ebbro di spirito salvifico e redentore. È il quarto lungometraggio del danese von Trier, premiato a Cannes '96 con il Gran premio della Giuria. La recensione
Regia: Lars von Trier
Interpreti: Emily Watson, Stellan Skarsgard, Katrin Cartlidge, Jean-Marc Barr, Adrian Rawlins, Sandra Voe, Udo Kier
Sceneggiatura: Lars von Trier
Fotografia: Roby Muller
Nazionalità: Danimarca-Francia 1996
Melodrammatico, cattolicissimo, ebbro di spirito salvifico e redentore. È il quarto lungometraggio del danese von Trier, premiato a Cannes '96 con il Gran premio della Giuria. Considerato da molta critica il vincitore morale del festival.
Per avvicinarsi a Le onde del destino non si può prescindere da alcune note biografiche sul regista. Trier pensava di essere ebreo, poi la madre in punto di morte gli ha rivelato la vera identità del padre. Educato secondo principi laici, di recente decide di convertirsi al cattolicesimo e si battezza. La protagonista del film, Bess (Emily Watson), vive in un villaggio scozzese degli anni '70. Lì la religione calvinista è ortodossa. Il dogma è interpretato da pochi anziani che decidono persino chi, dopo la morte, è degno del Paradiso o dell'Inferno. A tutte le donne del paese è proibito prendere la parola durante le cerimonie in chiesa. E Bess parla direttamente con Dio, ogni giorno, e la sua vita e la fede non si distinguono tanto sono compenetrate l'una nell'altra. Così quando conosce e sposa Jan, un allegro operaio che estrae il petrolio in una piattaforma nel mare del Nord, sa che è un dono di Dio. L'incidente di Jan, che lo paralizza anche nella virilità, è un segno divino, una dura prova da superare. Per soddisfare i morbosi desideri di lui, Bess si prostituisce, diventa l'agnello sacrificale, si immola per la vita del marito e il suo sacrificio produrrà il miracolo finale: le campane suoneranno in cielo, le campane che avevano smesso di suonare nel villaggio: gli arroganti ministri del culto dicevano di non averne bisogno. Se la tematica è suggestiva è grazie alla stupenda e straordinaria interpretazione di Emily Watson (poco conosciuta al cinema, perché attrice teatrale), alla fotografia impressionista di Roby Muller (assistente prediletto di Wenders e Jarmusch) e alla camera mobile che ruota vorticosamente per 360 gradi, sta incollata sui personaggi, per catturarne le espressioni minime del volto, di gioia e sofferenza. Le onde del destino è un'opera dalla sensibilità straripante, che unisce alla visione drammatica e spietata dell'esistenza umana, dominata da un ineffabile destino, la speranza e il conforto della fede religiosa.
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