Recensione di Pazza Idea - Xenia | L'odissea adolescenziale di due fratelli in cerca d'identità
Recensione di Pazza Idea di Panos H. Koutras, con Kostas Nikouli e Nikos Gelia. Un'avventura greca sulle note di Patty Pravo tra musica e padri assenti, immersa in un universo giovanile gioioso, pop e sgargiante, anche se con qualche caduta di stile
Danny e Odysseus sono due giovani fratelli abbandonati quando erano ancora in fasce da un padre assente che non hanno mai conosciuto. Decidono allora di mettersi sulle sue tracce, ma forse ciò che cercano davvero, più che un genitore, è un posto nel mondo, una realtà stabile cui appigliarsi, un sogno da cullare senza scottarsi o farsi male. La loro odissea li porterà a vivere le avventure più disparate: la fuga dopo che uno di loro due ha commesso un gesto che potrebbe incriminarli, la speranza di essere selezionati in un talent show, l’irruzione, accompagnata da pericolose conseguenze, in casa di colui che pur essendosi rifatto una vita con un’altra famiglia ha altissime probabilità di essere l’uomo che non volle accudirli da bambini e non li riconobbe come figli suoi.
È un film generoso e in gran parte sincero, Pazza Idea: mosso da una visione etnica e colorata della vita e della realtà, è un’opera che sembra richiedere essa stessa una cittadinanza e un diritto d’asilo nel panorama, spesso molto più oscuro e punitivo di così, del cinema greco contemporaneo. Quello degli Yorgos Lanthimos e degli Alexandros Avranas di turno, per intenderci, registi spesso impietosi che abbiamo imparato a conoscere nei festival e che non risparmiano alcun dettaglio scomodo e sgradevole nella raffigurazione dell’umanità e dei rapporti sociali distorti del loro paese.
Il film di Koutras, presentato al Festival di Cannes 2014 nella sezione Un Certain Regard, s’impone invece con una grazia e una freschezza che scorrono fluide e omogenee per tutti centoventi minuti di durata (non pochi, in realtà), tra scene viscerali e improvvise accensioni in cui le tonalità musicali e dolciastre del film si dilatano di colpo verso il dramma e imboccano la strada della rappresentazione cruenta della Grecia contemporanea, facendo un uso metaforico della tensione e operando un’equazione tra il dramma umano e quello economico del paese, schiavo di un universo patriarcale stritolante. Nel ricercare una patria perduta, una specie di Itaca ideale che gli è stata sottratta costringendoli a peregrinare, i fratelli protagonisti guardano alla vita in modi opposti ma complementari: leggero e in apparenza frivolo uno dei due, dalle movenze femminili e dal look appariscente, più serio e rassicurante nell’aspetto l’altro. Le radicali differenze non nascondono però un passato condiviso segnato dalla comune condizione di orfani, una mancanza che il film lascia venir fuori pacatamente, prendendosi i tempi necessari e con la delicatezza dovuta. Con un pudore un po’ punk, ma mai invasivo. Unica nota stonata gli inserti onirici di pessimo gusto, eccessivamente vessati da un’irricevibile vena kitsch. Imbarazzante, e al di là di ogni buon senso, la scena surreale che dovrebbe strizzare l’occhio a La morte corre sul fiume di Charles Laughton col coniglio-pupazzo amatissimo dal protagonista che prende vita e parla in quella che sembra la parodia stracult di Donnie Darko. Etereo cameo finale di Patty Pravo.
Voto della redazione:
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