Recensione di Tutto può cambiare | Una sognante melodia pop con Mark Ruffalo e Keira Knightley
Recensione di Tutto può cambiare con Mark Ruffalo e Keira Knightley: John Carney dirige una pellicola che sa di straniamento pop e profumata vitalità. Nessun sentimentalismo o dramma, solo tanta tenerezza che odora di evocazioni
Che bella New York di notte, tra passeggeri dormienti in metropolitane semivuote e una passeggiata condividendo l'ipod con le orecchie di qualcun altro, abbracciandosi in fondo alla strada per fermare un pianto oppure schermandosi nelle luci del neon. Certo, è il fascino del digitale e della macchina a mano, ma anche di un film perennemente avvolto da una calorosa brezza di magia, da una profumata vitalità che sa sempre e comunque di cinema, ovvero di straniamento pop. Cosa ancor più sorprendente è che il regista sia John Carney, uno che nel 2006 girava Once, un film che ha due scene carine, qualche canzone bella e il resto da buttare nel dimenticatoio. Stavolta invece ingrana nel mood giusto, quello sospeso tra Cameron Crowe e Richard Curtis, partendo dalla musica ma senza affondare mai nel sentimentalismo più enfatizzato che essa porta: Tutto può cambiare è capace di parlare anche coi suoi momenti di silenzio, mentre contempla gesti e movimenti, sguardi e dettagli.
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Ci troviamo davanti ad un film delizioso, una pellicola che, davvero, ha il medesimo effetto di una canzone sentita per sbaglio in radio, di quelle che entrano dritte in quel luogo tra memoria e cinefilia, sogno ed evocazione. Nessun virtuosismo, quanto la semplicità di una rappresentazione abile nel cogliere le suggestioni dei suoi soggetti e delle sue ambientazioni, oltre che di un editing consapevole di dover tagliare la scena appena prima che scada nel dramma; le lacrime, in Tutto può cambiare, sono spesso celate, le percepisci ma non le vedi, rimangono lì sul bordo degl'occhi, magari durante una corsa in bici, un concerto, o una giornata di merda passata in una panchina.
Azzeccatissimo Mark Ruffalo, ma ancor di più Keira Knightley; lamentarsi delle sue smorfie sarebbe come contestare i tic di De Niro, il modo di ridere di Eddie Murphy, l'espressione assonnata di Bill Murray o la logorrea di Woody Allen: sono tratti distintivi, e nel caso dell'attrice di Orgoglio e Pregiudizio ed Espiazione, trovano qui la loro dimensione più naturale, umana e carismatica.
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Che cosa rimane alla fine di Tutto può cambiare? Alcune idee romantiche da realizzare con la propria dolce metà, certo, una nuova colonna sonora da aggiungere alla propria collezione, magari la voglia di imparare a suonare uno strumento per fondare una band itinerante; ma anche e soprattutto una sensazione di neve sulla pelle, quella che si scioglie col sole lasciandoti un sorriso a metà tra emozione e tenerezza.
Voto della redazione:
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