Presentazione de “La bella Virginia al bagno” di Eleonora Marino all'VIII Est Film Festival: un documentario che scava nel mondo immaginario parlandoci anche del reale
Ci sono mondi e immaginari che fanno parte di ognuno di noi e il circo appartiene a questi. Tra le prime forme di spettacolo dal vivo che incontriamo sin da piccoli, l'arte circense non perde il suo fascino neanche oggi che siamo nell'era del 3D e addentrarsi alla scoperta di ciò che c'è al di là di quel tendone è un desiderio che sfiora chi è cresciuto a “panem et circenses”.
L'occasione è offerta da La bella Virginia al bagno di Eleonora Marino, presentata in concorso nella sezione documentari all'Est Film Festival di Montefiascone (VT), la pellicola ci permette di viaggiare in quel mondo su cui abbiamo sempre fantasticato e a traghettarci è il punto di vista privilegiato della regista, appartenente a una famiglia di tradizione giostraia. Scegliendo di intraprendere un'altra strada rispetto all'ambiente in cui era cresciuta, la Marino ha voluto suggellare i ricordi personali e dei suoi famigliari che si intrecciano con la memoria collettiva del lunapark più antico d'Italia, il LunEur, fondato nel 1953 nei pressi dell'Eur.
“Il titolo del documentario - La bella Virginia al bagno - viene da un numero d'imbonimento che veniva fatto nelle fiere mercantili di fine '800. Per un soldo si poteva scoprire cosa racchiudeva davvero il tendone delle meraviglie. Gioco, stupore, curiosità, un pizzico di furbizia e tanta voglia di divertirsi, gli ingredienti base dello spettacolo viaggiante. Il documentario ci svelerà, nel finale, qual era il trucco che si nascondeva dietro questo numero”.
Non è la prima volta che cinema e circo si incontrano, da Il Circo (1928) di Chaplin a La strada (1954) di Fellini - solo per citarne alcuni - fino ad arrivare al Circo di Aaron Schock (2010), un documentario che segue con delicatezza e curiosità la famiglia Ponce, pronta ad attraversare il Mexico col loro circo nomade. Ne La bella Virginia al bagno ci troviamo di fronte a un insieme di soluzioni classiche, come la rappresentazione della ricerca delle origini con la Marino on the road e in voice over, che si sommano a filmati in super8 e in 16mm e a foto d'epoca, oltre alle interviste a chi le è più vicino e caro. “Ma la riscoperta di queste mie origini – dichiara la regista - indaga parallelamente un immaginario importante che ha segnato la storia del divertimento popolare. L’utilizzo del materiale d’archivio contestualizza le forme e l’evoluzione dello spettacolo viaggiante e rievoca l’Italia di quegli anni: un’Italia certamente diversa, ingenua e capace ancora di stupirsi”. Un momento molto umano e toccante è costituito dalla lettera del nonno mentre era in corso la II Guerra Mondiale, quasi a “distoglierci” da quell'aurea magica così strettamente connessa all'ambiente circense e che troppo spesso prevale, celando la grande fatica che c'è dietro. “Venghino, signori, venghino al più grande spettacolo del mondo”: bene, dimentichiamo questa “formula magica” per un momento e scopriamo anche quanto impegno e quanta precarietà ci sono alla base di questo mestiere, una scelta di vita che si incrocia col pubblico - inteso anche come Istituzioni - e che può essere spazzata via dai tempi (vedi la sorte toccata, per ora, al LunEur, chiuso dal 2008) e dai parchi a tema.
A farci ricalare in un'atmosfera fascinosa ci pensa poi l'animazione che riproduce un teatro di cartone. Per quanto la Marino abbia interrotto un lavoro che si tramanda di generazione in generazione - “un'eccezione non dovuta solo alla sua forza di volontà, ma anche a un cambiamento dei tempi” - a suo modo ha scelto di continuare su una strada artistica.
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