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Autore Andrea Chimento :: 15 Settembre 2014

Roy Andersson ha vinto l’ultima Mostra di Venezia con "A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence". Tra i suoi film precedenti "Songs From the Second Floor"

Roy Andersson, vincitore Leone d'oro 2014

«L’Ingmar Bergman della slapstick»: così venne definito Roy Andersson, regista svedese vincitore del Leone d’oro alla Mostra di Venezia 2014 con A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence. Ancora poco noto al pubblico italiano, l’autore, nato a Göteborg nel 1943, vanta una carriera decisamente unica: soltanto cinque lungometraggi all’attivo in quasi cinquant’anni di attività.

Nel periodo dell’università, inizia a realizzare alcuni corti, diretti tra il 1967 e il 1969: tra questi anche il documentario Den vita sporten, firmato con il collettivo Grupp 13. Un anno dopo essersi laureato allo Swedish Film Institute, passa al lungometraggio: un esordio folgorante, intitolato A Swedish Love Story (1970), originale riflessione sull’amore tra due adolescenti. Il film vince diversi premi al Festival di Berlino e l’inatteso e sorprendente successo stupisce lo stesso Roy Andersson.

Dopo questo trionfo, l’autore cancellò diversi progetti e, anche a causa della pressione per il suo lavoro successivo, cadde in un periodo di depressione. Il suo secondo lungometraggio, Giliap (1975), fu un vero disastro: la storia di un cameriere d’albergo in un piccolo villaggio svedese venne pesantemente denigrata dalla critica, il regista sforò il tetto del budget e fu un vero flop anche commerciale. Passeranno 25 anni prima che Andersson metta nuovamente mano a un lungometraggio: in questo lungo periodo si dedicherà in particolare a spot e cortometraggi.

Nel 1981 fonda la sua compagnia indipendente, chiamata Studio 24: nel 1987 realizza Something Happened, un breve film di 24 minuti, concepito come un corto educativo sull’AIDS voluto dal Ministero della Salute. Il messaggio però risulta controverso (si diceva che il virus fu creato nei laboratori militari americani) e il progetto venne fortemente criticato.

Nel 1996, Andersson annuncia di essere pronto per girare un nuovo lungometraggio: ci vollero quattro anni di riprese prima di poter ammirare Songs From the Second Floor (2000), ancora oggi il suo film più importante e prima parte di una trilogia che proseguirà con i due lavori successivi. Presentato al Festival di Cannes, dove vinse il Premio della Giuria, è una forte riflessione esistenziale sulla vita moderna, con tematiche che spaziano dalla religione alla morte. Lo stile di Andersson, così come nei lavori successivi, è frammentato, sarcastico, surreale, grottesco: rimanerne indifferenti è praticamente impossibile.

Sette anni dopo, un’altra pellicola che ha ricevuto diverse menzioni internazionali: You, the Living, film che mescola farsa e tragedia, dove protagonista è l’umanità, declinata in tutte le sue sfaccettature.

Infine, il massimo trionfo della carriera di Roy Andersson è arrivato al Lido con A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence, in cui lo stile dell’autore si avvicina sempre di più alla pittura (ha dichiarato di essersi ispirato alle opere di Pieter Bruegel Il Vecchio) e al teatro dell’assurdo.

Durante la Mostra di Venezia, il regista, ormai settantunenne, ha annunciato che la sua trilogia diventerà presto una quadrilogia: fan avvisati e già in fibrillazione... sperando di non dover aspettare altri sette anni per vederla.

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