Ritratto di Rosa Maiuccaro
Autore Rosa Maiuccaro :: 5 Settembre 2014

In occasione dell’anteprima de "I Nostri Ragazzi", presentato a Venezia alla Settimana della Critica, abbiamo intervistato il regista Ivano De Matteo e il nutrito cast del suo ultimo film, tratto dal romanzo "La Cena" di Herman Koch

una scena di "I nostri ragazzi"

Tra i film presentati alla Settimana della Critica alla Mostra del Cinema di Venezia c’è I Nostri Ragazzi di Ivano De Matteo (Gli Equilibristi). Il film, ispirato liberamente a La Cena di Herman Koch, esce nelle sale italiane proprio oggi. Noi abbiamo intervistato il regista ed il cast d’eccezione del film di cui fanno parte Alessandro Gassman, Barbara Bobulova, Giovanna Mezzogiorno, Luigi Lo Cascio, Rosabell Laurenti Sellers e Iacopo Olmo Antinori.

Quello vissuto dalle due famiglie protagoniste dal film è un dilemma universale. Come lo avete vissuto?
LO CASCIO: Se l’attore dovesse interpretare solo le cose che gli somigliano, sarebbe costretto ad interpretare un solo personaggio che è se stesso. Questa è la morte del mestiere dell’attore. La bellezza di questo lavoro sta nell’esplorare ambienti meno familiari e persone totalmente diverse. Si smuovono delle cose personali perché l’attore è anche spettatore della sceneggiatura ma non bisogna mai barricarsi nel proprio essere e lasciare che il personaggio ci colonizzi.

BOBULOVA: Io vorrei soltanto dire che per me è stato un onore incontrare questi attori con i quali si è creata una magia rara. Ringrazio Ivano e i miei colleghi per la bellezza del nostro lavoro insieme.

I giovani protagonisti trovano plausibili i loro personaggi e le situazioni che li vedono coinvolti nel film?
ROSABELL: Sì, sono d’accordo che la tecnologia stia assumendo un ruolo sempre più determinante nelle nostre vite. Il web normalizza la violenza. Poi il comportamento di Benedetta e Michele (i ragazzi protagonisti del film, n.d.r.) dipende anche dal fatto di essere stati molto viziati e protetti dalla loro famiglia. Assecondare sempre i figli può anche rovinarli.

ANTINORI: Io penso che la storia sia plausibile. C’è sempre il rischio che la rabbia sfoci in violenza. Internet per me è uno strumento. Di fondo il problema risiede nella persona.

Come giudicate i vostri genitori cinematografici?
ROSABELL: Benedetta è estremamente viziata sia dal padre (Gassman) che dalla matrigna (Bobulova) che, per amore del padre, sarebbe disposta anche a testimoniare il falso pur di toglierla dai guai. Benedetta è la conseguenza del modo in cui è stata cresciuta.

ANTINORI: Io sono rimasto scioccato dal fatto che Clara (Mezzogiorno) porti la cena in camera al figlio. Per me è una cosa brutta e inconcepibile. Lei è molto, forse troppo protettiva, e finisce per alienare Michele. Il padre (Lo Cascio) è meno presente, è la madre ad avere un peso.

I giovani protagonisti del film sono sempre molto respingenti?
DE MATTEO: Si pensa sempre che bisogna necessariamente empatizzare con i personaggi quando nella vita non si va d’accordo con tutti. C’è chi ci è simpatico e chi meno. Loro sono di una nuova generazione e sono il frutto di quelli che li hanno preceduti. Da ex adolescente inquieto posso dire di aver rischiato diverse volte di trasformare una bravata in un crimine. Non stiamo parlando di due criminali.

Il ritratto dell’Italia da Venezia è molto triste. Nel suo film vediamo il male dove non ce l’aspettiamo.
DE MATTEO: Il fiume di violenza è sempre esistito, ci conviviamo e lo notiamo solo quando viene fuori, altrimenti lo teniamo a distanza o lo imputiamo al vicino di casa. A me piace trovare il male nei buoni e il bene nei cattivi.

GASSMAN: Questo è un paese sofferente che vive una grossa crisi di tipo culturale. Spendiamo meno di tutti per l’istruzione e la cultura. Un paese fatto di persone disinformate ed ignoranti è un paese soggetto alla paura e la paura genera anche reazioni scomposte quando si confronta con l’ignoto.

MEZZOGIORNO: Mi sembra che dietro gli atti di violenza a cui assistiamo ogni giorno si celi una solitudine irrisolvibile. Viviamo in un’epoca in cui le persone si fotografano tutti i giorni la faccia perché milioni di persone la guardino. Lo trovo un fenomeno curioso ma anche sintomatico del terrore dell’isolamento.

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