Per la terza volta al Taormina Film Festival è stato ospite Matt Dillon, celebre attore statunitense noto per i film con Francis Ford Coppola, Arthur Penn e Gus Van Sant, e per Factotum, il film ispirato al racconto di Bukowski
“Buongiorno, scusate l’italiano, ma ho già dimenticato tutto”. Ha salutato così Matt Dillon la folla che lo ha accolto al Festival di Taormina. Ma per l’attore americano non è certo la prima volta in Sicilia. “È un onore per me essere qui per il sessantesimo anniversario del Festival. È la mia terza volta qui e sono contento di essere ritornato in questo bellissimo posto così evocativo. È inoltre un piacere partecipare a questo meraviglioso festival, che credo abbia tutte le carte in regola per essere uno dei migliori. L’unico problema forse è che è quasi difficile invogliare le persone ad entrare in sala con tutte queste bellezze all’esterno”. In passato, infatti, Dillon ha più volte espresso il desiderio di girare un film in Italia, magari con due registi, suoi amici, come Pappi Corsicato e Gabriele Muccino. “Oltre al cibo e al sole, dell’Italia apprezzo la gente. Gli italiani sono generosi e ti fanno subito sentire a casa. Proprio per questo penso che realizzate dei film così belli. Avete tante storie da raccontare e credo che sia grazie a questo che registi come Fellini, mi vengono in mente I Vitelloni, e Antonioni hanno realizzato i film che ho tanto amato, caratterizzati da una grande umanità. Dopotutto ogni storia, ogni vita umana è una sceneggiatura perfetta. Mi sorprende che gli italiani sognino sempre di venire in America perché per me ogni volta venire qui è un’esperienza incredibile”. Ma non solo il cinema del passato, Dillon è anche un fan di Sorrentino: “Ho visto i suoi film più recenti e trovo che La Grande Bellezza sia un film meraviglioso. Nonostante sia così legato ai costumi italiani, esplora la natura dell’animo umano. Un film molto complesso ma anche molto profondo”.
Negli anni Ottanta qualcuno lo considerava l’erede di James Dean, poi è cresciuto interpretando dei ruoli importanti come quello in Crash – Contatto Fisico fino ad essere la proiezione di Bukowski in Factotum. “Non bisogna per forza interpretare i buoni, l’importante è che siano sempre personaggi interessanti e coinvolgenti. Ho fatto cose diverse, non volevo diventare famoso, ma ho sempre pensato che il cinema fosse uno specchio in cui le persone potessero riconoscere se stessi e le loro vite. La parola che amo di più si chiama verosimiglianza”. Matt Dillon, 50 anni, ha avuto il privilegio di lavorare agli inizi della sua carriera con un maestro del cinema come Francis Ford Coppola (I ragazzi della 56ª strada, Rusty il selvaggio). “Francis era un mito, noi giovani lo guardavamo con venerazione, ma mi ha trasmesso una grande fiducia in me stesso”. A chi gli chiede la differenza tra i registi degli anni Settanta e quelli contemporanei, risponde: “Ho iniziato a recitare molto giovane e l’industria cinematografica è cambiata più di una volta come è normale che sia. Tutto cambia, anche Taormina è cambiata dall’ultima volta che sono venuto. In quegli anni i film che sbancavano il box-office erano Lo Squalo e Star Wars, oggi la televisione ha raggiunto un livello di qualità irraggiungibile per il cinema. Io però sono amante dell’esperienza cinematica, voglio perdermi nel grande schermo”. Dopo tutti i ruoli drammatici, Dillon si è anche cimentato nella commedia con Tutti pazzi per Mary. “Mi piace fare delle commedie anche perché non avverto la pressione di dover far ridere a tutti i costi. È anche bello indagare sulla natura umana ridendo e abbandonandosi al personaggio. Non si può essere timidi, la cosa più importante è trovare la veridicità”.
Parlando del suo ruolo in Factotum, film tratto dall’omonimo romanzo di Charles Bukowski, ha sottolineato: “È malinconico ma è fondamentalmente una commedia. È molto bravo il regista norvegese Bent Hamer e penso che il film sia straordinario. La scena che preferisco è quando lei si toglie i tacchi che le fanno male e lui si toglie le scarpe per farle indossare a lei”.
Matt Dillon ha anche esordito dietro la macchina da presa nel 2002 con il film City of Ghosts, che ha scritto, diretto ed interpretato. “Non avevo molta esperienza. La prima cosa che ho fatto è andare dal mio primo acting coach e chiedergli come avrei dovuto gestirmi. Lui mi disse di avere fiducia in me stesso. Poi mi sono abituato ma la cosa più importante è sicuramente essere preparati. Dovevo essere preparato prima come attore e poi come regista”.
Matt Dillon ha poi rivelato i suoi progetti futuri. “Farò una serie televisiva diretta da M. Night Shyamalan, che è un bravissimo narratore, un regista intelligente con grandi doti e ottime idee. Si tratterà di un dramma psicologico con elementi fantascientifici. Qualcuno l’ha paragonato a Twin Peaks ma anche solo avvicinarsi al genio di David Lynch è impossibile”. Non soltanto una serie televisiva nel suo futuro ma anche un nuova regia, questa volta di un documentario. “Si chiamerà El Grande Feove ed è dedicato ad un cantante cubano fortemente influenzato dal jazz americano, di cui sono appassionato. È un artista di grande talento. Sono stato diversi anni fa con un amico a Cuba e feci delle riprese, poi un anno e mezzo fa mi è venuto in mente di sfruttare quelle immagini per questo progetto”.
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