Il successo dei micro-finanziamenti dal basso nel mondo del cinema sta dando una chance in più per film indipendenti e talenti emergenti
Ne parlano tutti ad Hollywood e dintorni: il crowdfunding è la moda del momento. D’altronde l’abbiamo visto di recente qual è il suo potenziale. Basti pensare al film Veronica Mars, tratto dall’omonima serie tv, uscito nel 2013: un progetto letteralmente chiesto a gran voce dai fan e che sempre dai fan ha ricevuto un finanziamento di oltre 5 milioni di dollari. Di recente anche Zach Braff (Scrubs) vi ha fatto ricorso per il suo Wish I was here , riuscendo a raccogliere oltre 3 milioni di dollari; poi ancora James Franco per il film Palo Alto, lo scrittore Breat Easton Ellis per The Canyons e ,se vogliamo restare in terra nostrana, due autori di web series, Luca Vecchi e Claudio Di Biagio, sono riusciti a farsi finanziare Dylan Dog vittima degli eventi e a coinvolgere Alessandro Haber nel cast. Insomma una vera esplosione del fenomeno.
Letteralmente crowdfunding vuol dire finanziamento dalla folla, o dalla massa, e indica un metodo per ricevere fondi per vari progetti: un film, la pubblicazione di un libro, di un cd, una campagna marketing o persino l’organizzazione di un evento. Nata secoli fa, questa forma di microfinanziamento dal basso ha accompagnato imprese più o meno grandi; ma è nell’ultimo decennio, anche grazie al proliferarsi dei social network e delle nostre interazioni on-line, che il crowdfunding è diventato sempre più comune ed ha interessato sempre di più il mondo dell’arte e della creatività.
Per quanto riguarda nello specifico il mondo del cinema il finanziamento dal basso ha il potenziale per dare alla luce progetti cinematografici indipendenti, che altrimenti avrebbero grosse difficoltà a trovare il budget necessario. La procedura è abbastanza semplice: basta iscriversi ad un sito di crowdfunding, se ne trovano decine con una semplice ricerca su google (ma il più noto a livello internazionale è sicuramente Kickstarter); dopodiché bisogna descrivere il proprio progetto dettagliatamente (trama, cast tecnico, location) e la somma di cui si ha bisogno, divisa in quote. Sta poi al giudizio della gente decidere o meno di sottoscrivere una o più quote del budget richiesto. Per ogni quota comprata poi di norma vengono predisposti dei “compensi” sotto forma di gadget del film (dvd, magliette, il ringraziamento nei titoli di coda del film) o, come più spesso sta accadendo, assegnando delle quote di partecipazione agli utili del film, la cui percentuale varia in base a quante quote un utente decide di acquistare. In parole povere chi finanzia il film diventa anche proprietario di una parte di esso. Una scelta coraggiosa, certo, ma che spesso ha premiato chi l’ha intrapresa, come ad esempio il regista Emanuele Caruso che in questo modo ha raccolto 150.000 euro per il film E fu sera e fu mattina, uscito nelle sale nel 2013.
Questa modalità di finanziamento ha certamente un grande punto di forza, cioè quello di permettere alla gente di venire a conoscenza di progetti cinematografici minori e di mettere in moto un modo di fare cinema in un certo senso meno elitario del solito. Bisogna, però, rendersi conto che quando ci si affida al crowdfunding si deve, innanzitutto, essere a conoscenza delle condizioni contrattuali che il sito impone, come percentuali richieste sui fondi ricevuti, scadenze da rispettare e modalità di pagamento, che variano da sito a sito; in secondo luogo bisogna anche tenere in conto che il progetto, per quanto possa sembrare valido ai nostri occhi, può non piacere alla massa ed essere scartato, perché magari non viene presentato in maniera abbastanza accattivante, o non sono stati valutati in modo minuzioso i costi e i compensi. In sostanza c’è da incrociare le dita e sperare per il meglio, ma se ci sono talento e professionalità sicuramente si ha una chance in più.
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