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Autore Silvia Ricciardi :: 30 Maggio 2015

Dal 15 luglio le sale italiane ospiteranno un thriller psicologico dalle tinte horror, "Babadook", il lungometraggio di esordio della sceneggiatrice e regista Jennifer Kent, che ruota intorno ad una misteriosa creatura avvertita dal piccolo Sam

Babadook

Dal 15 luglio sarà nelle sale cinematografiche italiane un thriller psicologico dalle tinte horror, il lungometraggio di esordio della sceneggiatrice, nonché regista Jennifer Kent: il titolo dell’opera è Babadook

Vincitore agli AACTA Awards nelle categorie di Miglior film, Miglior regia, Miglior sceneggiatura originale, nonché Miglior Horror agli Empire Awards, la pellicola è stata anche osannata da testate quali il Chicago Sun-Times e The Guardian, definito da quest’ultimo come “un agghiacciante thriller freudiano”.

La trama ruota attorno alle paure e alle allucinazioni avvertite dal piccolo Sam e poi condivise da sua madre, Amelia. Sei anni dopo la morte violenta del marito, Amelia (interpretata dall’attrice Essie Davis, che si è distinta in pellicole come La ragazza con l’orecchino di perla di Peter Webber, Matrix Reloaded e Matrix Revolutions dei fratelli Wachowski e Codice 46 di Michael Winterbottom) è ancora in lutto. Sta cercando di  educare il figlio ribelle di 6 anni, Samuel (il piccolo Noah Wiseman, questo è il suo primo lungometraggio). Ma i sogni di Samuel sono tormentati da un mostro che crede sia venuto per uccidere. Quando un inquietante libro di fiabe, Babadook, arriva in casa, Samuel è convinto che lì dentro si nasconda la creatura che ha sempre sognato. Le sue allucinazioni diventano incontrollabili e il bambino sempre più imprevedibile e violento, così Amelia, spaventata dal comportamento del figlio, gli fa assumere dei farmaci. Ma quando anche Amelia comincia a percepire una presenza sinistra intorno a lei, inizia ad insinuarsi nella sua mente il dubbio che la creatura possa esistere realmente.

La regista Jennifer Kent ha affermato: “Mi affascina molto ciò che succede alle persone quando reprimono i propri sentimenti, specialmente la sofferenza. La repressione delle emozioni più dolorose può funzionare per un breve periodo, forse anche per alcuni anni, ma alla fine la verità viene a galla” e riguardo le sue fonti di ispirazioni ha aggiunto “La mia più grande fonte di ispirazione sono stati i primi film horror muti, bellissimi e sorprendenti grazie alla meravigliosa fotografia, tanto da raggiungere, in molti casi, un livello poetico. Questi film sono stati fortemente influenzati dall’Espressionismo tedesco che si proponeva di esteriorizzare ciò che è interiore: esternare le emozioni per rifletterle attraverso la macchina da presa e attraverso le scenografie. Uno stile estremo che crea un linguaggio visivo perfetto per un horror psicologico”. 

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