Recensione di Big Hero 6 di Don Hall e Chris Williams. Il connubio Disney-Marvel stavolta funziona poco, dando vita a un prodotto confuso e spento
Natale si avvicina e, oltre a prepararci a rivedere Una poltrona per due e Mamma ho perso l’aereo in tv, sicuro come la barba di Santa Claus arriva nelle sale il film Disney dell’anno. Tagliato il traguardo dei 54 titoli, i titanici e famelici produttori che sono arrivati ormai a fagocitare ogni brand di qualche rilievo nel settore dell’entertainment, approfittano della recente acquisizione della Marvel per proporre un adattamento, ancorché molto libero, da un omonimo comic poco conosciuto.
Big Hero 6 racconta la genesi di uno scalcagnato sestetto di supereroi, ma soprattutto la relazione, molto disneyana, tra il genietto Hiro, tredicenne orfano che si trova a perdere anche l’adorato fratello maggiore Tadashi, e il puccettoso robot Baymax (una sorta di mostro nel fumetto), operatore sanitario virtuale, tenerissimo e protettivo.
Le premesse per realizzare un prodotto di alta qualità c’erano tutte: purtroppo, il forzato pastiche tra la spinta action e il desiderio di dare spazio ai sentimenti, come vuole la tradizione di casa Disney, non funziona, facendo rimpiangere i ben più brillanti e profondi risultati raggiunti da una piccola gemma Pixar come Gli Incredibili.
Eccessi di miele e una trama inutilmente complessa e sfilacciata, piena di cliché della sci-fi (l’affarista senza scrupoli, il professore impazzito, il piccolo genio), con poche intuizioni felici e una verve che va ammosciandosi con il passare dei minuti. Non aiuta una compagine di personaggi macchiettistici ma poco incisivi, a partire dall’insipido protagonista, e contribuisce ulteriormente a confondere le acque un’ambientazione insensatamente postmoderna. La città dei supereroi è San Frantokyo, un’incomprensibile crasi: di fatto una perfetta riproduzione di San Francisco punteggiata da elementi nipponici come la monorotaia.
Unico vero elemento di interesse è nell’originale figura di Baymax, robottone ciccioso e di buon cuore, dagli ammiccamenti queer neanche tanto sfumati: figura paterna, fraterna e amicale per Hiro, è anche il protagonista di una delle pochissime sequenze veramente divertenti dell’intero film, quando, a causa della batteria scarica, rientra in uno stato identico all’ubriachezza molesta.
[LEGGI ANCHE: Trailer: L'universo Disney e Marvel si fondono in Big Hero 6]
Per il resto, tante scene d’azione senza fascino e una colonna sonora resa agghiacciante dalla scelta italiana di far cantare al “rapper” Moreno (vincitore di Amici 2013) una canzone scritta da Don Joe dei Club Dogo: un momento scult sui titoli di coda che indebolisce ulteriormente un prodotto fiacco, destinato a essere dimenticato in breve tempo.
Voto della redazione:
Altri articoli che possono interessarti
Per condividere o scaricare questo video: TV Animalista
Facebook Comments Box