Recensione di Il cittadino illustre | Una satira da Premio Nobel
Recensione di Il cittadino illustre | Candidato argentino per gli Oscar 2017 e Coppa Volpi per il protagonista Martinez, il film del duo Duprat e Cohn raggira la figura di un Premio Nobel, inserendolo in una delle sue storie, con risultati esilaranti
Salutato da molti come una delle gemme dell’ultima Mostra Cinematografica di Venezia, poi gradualmente ridimensionato alla luce degli ottimi prodotti che il Concorso ha proposto, Il Cittadino Illustre del duo argentino Gastón Duprat e Mariano Cohn ha comunque resistito e portato avanti un’idea di cinema semplice ma efficace la quale, proprio come ribadisce il protagonista, arriva ad essere kafkiana, nella forma e nel contenuto.
Vincitore della Coppa Volpi come Miglior Attore Oscar Martinez, con il suo personaggio Daniel Mantovani, scrittore argentino Premio Nobel per la Letteratura, invitato nel suo paese natale per ricevere l'onorificenza di Cittadino Illustre, incarna un divario sociale e culturale assolutamente tangibile e reale, una lotta di classe perpetua tra la borghesia intellettuale (e prettamente europea) e un proletariato di provincia.
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Con una fotografia che sfiora il documentario televisivo, con una necessaria intenzione narrativa che purtroppo rischia però di impoverire l’immagine stilistica della pellicola, Il cittadino illustre è una satira dissacrante sul mito dello scrittore tormentato e delle sue stesse ispirazioni: smascherato dai ricordi, Mantovani riappare in città prima come un salvatore, e solo più tardi come un traditore, rinnegato dagli stessi personaggi che ne hanno decretato la fortuna letteraria. Tra l’onore e la vergogna di essere narrata nella sua forma più vera e brutale, la comunità in cui rimane incastrato lo scrittore è al contempo esilarante e deprimente, e la regia non fa che ribadirlo nelle inquadrature fisse delle messe in posa, della camera d’albergo “ripresa da un film rumeno”, nelle grafiche da Power Point dei video amatoriali, nelle sfilate e nelle cerimonie che omaggiano il compaesano, umiliando inconsciamente l’artista milionario che si cela dietro. Pur nell’“intima soddisfazione della rivolta popolare contro l’istituzione”, lo stesso motivo che lo porterà a rinnegare il Nobel, il protagonista rimarrà travolto dalle conseguenze dei suoi racconti, in un’affabulazione che rende evidente il superamento, perlomeno cinematografico, della realtà sulla fantasia: così Il cittadino illustre è una commedia che acquista toni sempre più dark e pruriginosi, perché non lontani da un’eventuale prossimità con il confronto con i nostri vicini.
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Nonostante quella che dovrebbe essere una graduale deformazione grottesca acquisti invece un risvolto trash, la seconda opera dei registi argentini trionfa nel suo essere direttamente provocante e ambiguo: un ritratto ignobile di un paese calunniato, a torto o non, del suo stesso ritratto ignobile; la semplicità di popolo che diventa sovversivo rispetto alla verità dominante, quella raccontata dall’esterno, di chi passa la vita a scappare dai luoghi senza abbandonarli mai. Ma la chiave di lettura è naturalmente da sovvertire ad ogni visione.
Voto della redazione:
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