Recensione di Jia Zhangke by Walter Salles (Jia Zhangke, un Gars de Fenyang)
Recensione di Jia Zhangke by Walter Salles (Jia Zhangke, un Gars de Fenyang): Tutte le lodi e gli onori sono per il grande regista cinese, ma l'approccio di Salles riduce tutto a un bignami scolastico e una piatta lezione universitaria
È forse fin troppo facile riuscire a girare un documentario interessante su un cineasta così ricco ed evocativo come Jia Zhangke: basta ficcare la macchina da presa davanti a lui e lasciarlo parlare; seguiranno storie, racconti, ricordi, aneddoti, immagini, pensieri, confessioni. Insomma, una specie di lezione di cinema o conferenza filmata che gira attorno ai set dell’autore, viaggiando tra le più sperdute provincie dell’immensa Cina, nazione diventata inevitabilmente l’emblema del globalismo post-moderno, con tutte le contraddizioni che si porta dietro. Zhangke rivisita quelle strade dense di memoria, ritratto di un presente imprendibile così come è imprendibile il cinema del “ragazzo di Fenyang”, premiatissimo nei più importanti Festival del mondo (e pensiamo anche solo al meritato Leone d’oro di Still Life) ma considerato artista controverso in patria, tanto che una delle lamentele più frustranti di Zhangke è proprio quella di “non essere mostrato nelle sale tradizionali nel proprio paese”.
Sempre bello e stimolante ascoltare le parole di un maestro, occasione per imparare cose nuove e riflettere sul lato più pragmatico della settima arte; noi sprofondiamo nei suoi pensieri ascoltandolo quasi con ipnosi, rapiti come un branco di adepti e discepoli. Perché se qui c’è un dio è proprio lui e non certamente Walter Salles, uno che nella propria carriera ha girato 2 film carini se va bene. Lo vediamo anche nella maniera in cui concepisce questo docu, ovvero abbandonandosi totalmente al materiale per evaporare e sparire come una bolla di nebbia. Jia Zhangke by Walter Salles (Jia Zhangke, un Gars de Fenyang) è, a tutti gli effetti, un’opera senza regista, quasi come fosse un prodotto automatico che si è concepito dal nulla: mai per un momento si percepisce la mano di un realizzatore, una supervisione o un’impronta non necessariamente autoriale, ma anche solo estetica: un’idea, una fulminazione visiva, un azzardo nella scaletta o nel concept.
[Leggi anche: Premio alla carriera a Walter Salles al Film Festival di Roma]
Alla fine, il risultato sa di dissertazione che ha la medesima consistenza delle aule universitarie: tutto interessante, ma anche didascalico e monotono, come un libro di testo da cui apprendere tanto ma che ha proprio la scrittura piatta di un bignami scolastico. Stima assoluta per il regista cinese, ma Salles può andare a fare altro, perchè quelli che vogliono sempre farla facile dovrebbero smettere col cinema e darsi invece al gratta e vinci.
Voto della redazione:
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