Recensione di La preda perfetta - A Walk Among the Tombstones | Pallido giallo per Liam Neeson
Recensione di La preda perfetta - A Walk Among the Tombstones di Scott Frank con Liam Neeson: l'ambientazione di fine millennio non aiuta un thriller investigativo visivamente curato quanto privo di spessore
Liam Neeson torna a caccia di uomini con La preda perfetta - A Walk Among the Tombstones, basato sul romanzo Un'altra notte a Brooklyn di Lawrence Block e diretto da Scott Frank, ma nonostante le buone premesse iniziali il film si perde tra troppi cliché investigativi e toni poco d’impatto.
Perpetuamente pervaso visivamente da una luccicante nebbia bianca, come alla ricerca di un'atmosfera onirica che però rimane solamente suggerita, la pellicola scorre in modo lineare, senza troppi scossoni, seguendo una classica struttura ad imbuto verso la risoluzione. Una prima sequenza suggerisce un action secondo lo stile della gran parte della produzione di Liam Neeson più recente: purtroppo si tratta del solito inizio col botto a cui in realtà segue un trantran investigativo intervallato da qualche pugno nello stomaco dagli effetti brevi ed isolati in cui l'indagine solitaria (ma non troppo) spazia per diversi ambiti senza che un’autentica capacità di turbare venga ad avvolgere il film, concentrato su un rigore visivo che nella sua ripetitività non riesce ad essere accattivante quanto potrebbe.
Scott Frank ha mano sicura dietro la macchina da presa, preciso ed analitico, soprattutto nella ricostruzione degli ambienti e degli anni Novanta, fino a risultare metodico: accuratezze molteplici distanziano dalla vicenda, mentre il regista sembra tentare in tutti i modi di rimanere fuori dalla testa dei personaggi, ed il suo risulta un affresco quasi corale dove tutti, dal protagonista (le cui turbe da ex poliziotto sono prive di qualsiasi novità) al suo giovane aiutante improvvisato fino agli assassini, rimangono figure monodimensionali e prive di vera forza narrativa od iconica.
L’ambientazione di fine millennio sembra ribadire ciò: Millennium bug, sentore d’apocalisse, sensazione di una fine imminente e definitiva arricchiscono dialoghi e quadro visivo a caratteri cubitali, ma risultano semplicemente come sterili aggiunte, in una contestualizzazione sentita ma mal dispiegata, sfondo degli avvenimenti e letteralmente banale oggetto di quinta di un thriller dal fiato molto corto.
Una crisi collettiva che non riesce a venire rappresentata da quello che infine si rivela un giallo anche sotto la media. È chiaro quanto l'impronta stilistica del regista volesse essere evocativa e lontana dalla frenesia tipica delle cacce all’assassino cinematografiche e televisive, ma le sue geometrie appiattenti appaiono più come una impasse espressiva che come una delicatezza ricercata (e mancata).
Voto della redazione:
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