Recensione di Piccoli brividi | L'instant cult per ragazzi respira il mood della vecchia scuola
Recensione di Piccoli brividi - Rob Letterman ci restituisce l'irresistibile fascino e gioiosità dei classici per ragazzi anni '80 e '90. Da Gremlins a Jumanji, Jack Black guida il party trasformando la nostalgia in esaltazione
Ogni singolo mostro dei vostri peggiori incubi è già transitato fra le mani di R.L. Stine. Dal lupo mannaro alla mummia, passando per l'abominevole uomo delle nevi e i pupazzi parlanti, i temibili invasori alieni e gli gnomi da giardino assassini: tutti sono stati protagonisti di un volume dei Piccoli brividi, collana di libri che ha catalizzato intere generazioni di lettori vendendo milioni e milioni di copie nel mondo. Se n'era già fatto una serie tv, ed era solo questione di tempo prima che arrivasse finalmente anche una trasposizione cinematografica. I rischi erano enormi e dal trailer sembrava pure una boiata, ma, sorpresa delle sorprese: non solo l'operazione funziona, ma pure alla grande!
Rob Letterman (Shark Tale, I fantastici viaggi di Gulliver) torna indietro fino agli anni '80 e '90 studiandosi i classici per ragazzi, da Gremlins di Joe Dante a Jumanji di Joe Johnston, e per quanto non sia riuscito ad assorbirne in pieno la magia (e come potrebbe? Quei film vivono di nostalgia!), dimostra comunque di averne colto tutto il più ludico spirito: il film dei Piccoli brividi è puro e semplice gioioso intrattenimento al servizio dei suoi spettatori, di una leggerezza trasparente e così onesta da essere irrimediabilmente trascinante, come se si trattasse di una reunion con un vecchio e caro amico che ti scorrazza in giro per il parco divertimenti.
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Il motore è oliato per non avere intoppi, e il ritmo prosegue spedito per i suoi 103 minuti di durata. I tòpoi, chiaramente, li conosciamo: c'è il ragazzino venuto dalla città che si trasferisce in provincia, la bella vicina di casa, lo sfigatello di turno destinato a diventare il bff del protagonista, i balli scolastici, i primi baci sotto il chiaro di luna, i contorni comici e così via. Insomma: odore di casa, di irresistibile familiarità, che non significa mancanza di spunti originali, bensì solido ritorno a una tradizionale old school che evidentemente ha qualcosa da dire ancora oggi. La festa c'è ed è coinvolgente: come infallibile ciliegina sulla torta, niente di meno che Jack Black, calamita co(s)mica ogni qualvolta si trovi in scena.
Voto della redazione:
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